Le parti civili Legambiente e Wwf esprimono indignazione e profonda amarezza: “a causa di un processo inspiegabilmente farraginoso e lento, la distruzione di un bene culturale resta di fatto impunita”
Enna – Assoluzione perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” (grazie alla recentissima abolizione dell’art. 323 Codice penale sull’abuso d’ufficio) ed estinzione degli altri reati contestati (“danneggiamento al patrimonio archeologico e storico nazionale”, “demolizione ed opere senza autorizzazione sui beni culturali”; “lavori su beni paesaggistici senza autorizzazione”; “abbandono di rifiuti speciali”; “falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici” e “subappalto senza autorizzazione dell’autorità pubblica”) per avvenuta prescrizione.
Così il Tribunale di Enna – con sentenza a firma del Presidente Cristina Russo; giudici Maria Rosaria Santoni e Marco Strano – ha chiuso il processo a carico di quattro imputati – ARENA Rosario (imprenditore edile), PULEO Paolo (ex dirigente ufficio tecnico comunale di Enna), LA CHINA Fiorella Maria e LA DELIA Rosario (titolari ditte appaltatrici) – che nel 2016 erano stati rinviati a giudizio dopo un’indagine della Procura di Enna (P.M. dott. Francesco Rio) e dei Carabinieri in merito all’abbattimento dei ruderi della chiesetta di Kamut, avvenuto durante i lavori di messa in sicurezza della SP2 effettuati dopo la frana nel viale Caterina Savoca del novembre 2015.
Le Associazioni ambientaliste Legambiente Enna – Circolo degli Erei e WWF Sicilia Centrale si erano immediatamente costituite in giudizio (difese rispettivamente dagli avvocati Gaetano Cantaro del foro di Enna, e Salvatore Patrì del foro di Caltanissetta) essendo state riconosciute dal GIP come persone offese dai reati addebitati a quattro soggetti. Legambiente e WWF, infatti, nel 2015 avevano denunciato alle competenti Autorità il grave danneggiamento dei resti dell’antica chiesa Kamut e del pilastro d’accesso all’omonima Torre, con lavori edili e di movimento terra che avevano alterato l’antico tracciato della strada comunale denominata “Porta Palermo”, beni ricadenti in area sottoposta a vincolo paesaggistico “Vallone Scaldaferro”.
Dalle successive indagini dei Carabinieri, fu accertato che il Comune aveva incaricato alcune ditte per eseguire i lavori ma senza la prescritta autorizzazione degli Enti preposti e che durante l’esecuzione delle opere erano stati abbandonati sul suolo dell’antico tracciato cumuli di rifiuti speciali ferrosi. La Procura, inoltre, contestò al Dirigente comunale ed alle ditte appaltatrici di aver violato, nell’esecuzione dei richiamati lavori, le norme dell’affidamento diretto in “somma urgenza”, di definizione preventiva nel costo delle prestazioni e l’assenza di indicazioni sulle condizioni e circostanze speciali locali riconosciute; le due imprese, inoltre, erano state accusate di aver stipulato un contratto di nolo autocarri, dissimulante un subappalto, senza l’autorizzazione del committente pubblico; al Dirigente dell’U.T.C., infine, fu contestato anche di aver rappresentato falsamente nella relazione tecnica, l’iscrizione di una delle ditte aggiudicatarie come ditta di fiducia dell’amministrazione, inducendo così in errore i componenti del Consiglio comunale che dichiaravano l’atto immediatamente eseguibile.
Le parti civili Legambiente e WWF esprimono indignazione e profonda amarezza per questo vero e proprio colpo di spugna con cui si è concluso il processo. L’impossibilità di pervenire ad una sentenza che potesse stabilire le responsabilità degli imputati ed applicare le conseguenti condanne è una palese e mortificante sconfitta per lo Stato e la società civile: “a causa di un processo inspiegabilmente farraginoso e lento – dichiarano Franz Scavuzzo, Presidente Legambiente Circolo degli Erei, ed Ennio Bonfanti, Presidente WWF Sicilia Centrale – la distruzione di un bene culturale con una storia millenaria come la chiesa Kamut resta, di fatto, impunita! Oggi sconfitto è lo Stato che dopo 9 anni stabilisce che non vi sono responsabilità o che quelle che forse vi erano sono prescritte. Oggi sconfitta è anche tutta la nostra comunità, ancora una volta defraudata dei suoi più preziosi patrimoni storici e culturali. Temiamo – proseguono i rappresentanti di Legambiente e WWF – che il messaggio che ne deriva possa avere conseguenze micidiali: in mancanza di sanzioni efficaci e dissuasive, la tutela e conservazione dei beni culturali, paesaggistici e naturali rischia di rappresentare un principio di esclusiva valenza morale e privo di qualsiasi reale e concreta attuazione”.
Legambiente e WWF continueranno la battaglia di civiltà, anche giuridica, per tutelare il patrimonio naturale e paesaggistico del territorio, coerentemente ed in continuità con la propria storia, anche di impegno legale, ed in ossequio al nuovo articolo 9 della Costituzione che introduce tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Tutti devono sapere che continueremo a controllare il territorio, a denunciare gli abusi e a chiedere a voce forte e alta quella Giustizia con l’iniziale maiuscola che oggi ci è stata negata.