Bagheria (Pa) – Alle 17 e 56 minuti del 23 maggio 1992 i sismografi dell’Osservatorio geofisico di Monte Cammarata nell’isola, registrarono una forte onda d’urto. A provocarla non era stato un terremoto, ma l’esplosione potentissima che uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della loro scorta Vito schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
A distanza di 32 anni il Comune di Bagheria non può non ricordare quel tragico 23 maggio 1992 quando la mafia compì un atto di inaudita barbarie lungo l’autostrada A29, vicino a Capaci.
Dovendo rispettare la par condicio non riporteremo alcuna dichiarazione degli attuali amministratori del Comune di Bagheria ma pubblichiamo, in ricordo delle vittime e del loro valore, la dichiarazione del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
«L’attentato di Capaci fu un attacco che la mafia volle scientemente portare alla democrazia italiana. Una strategia criminale, che dopo poche settimane replicò il medesimo, disumano, orrore in via D’Amelio. Ferma fu la reazione delle Istituzioni e del popolo italiano. Ne scaturì una mobilitazione delle coscienze. La lezione di vita di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino divennero parte della migliore etica della Repubblica.
A trentadue anni da quel tragico 23 maggio è doveroso ricordare anzitutto il sacrificio di chi venne barbaramente ucciso: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. Insieme a loro ricordiamo Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. Testimoni di legalità, il cui nome resta segnato con caratteri indelebili nella nostra storia.
I loro nomi sono affermazione di impegno per una vittoria definitiva sul cancro mafioso e il pensiero commosso va ai loro familiari che ne custodiscono memoria ed eredità morale.
Come sostenevano Falcone e Borsellino, la Repubblica ha dimostrato che la mafia può essere sconfitta e che è destinata a finire. L’impegno nel combatterla non viene mai meno. I tentativi di inquinamento della società civile, le intimidazioni nei confronti degli operatori economici, sono sempre in agguato. La Giornata della legalità che si celebra vuole essere il segno di una responsabilità comune. È necessario tenere alta la vigilanza. Gli anticorpi istituzionali, la mobilitazione sociale per impedire che le organizzazioni mafiose trovino sponde in aree grigie e compiacenti, non possono essere indeboliti. L’eredità di Falcone e Borsellino è un patrimonio vivo che appartiene all’intera comunità nazionale. Portare avanti la loro opera vuol dire lavorare per una società migliore».