A Terrasini, su proposta della Cgil, l’intitolazione di una strada a Giuseppe Maniaci, segretario della Federterra, ucciso dalla mafia il 22 ottobre 194, a 38 anni

Terrasini (Palermo) – Oggi sarà intitolata una strada a Giuseppe Maniaci, segretario della Federterra di Terrasini e dirigente del partito comunista, ucciso dalla mafia il 22 ottobre 1947.

 L’appuntamento è alle ore 10,30 nella traversa accanto alla via Carlo Alberto Dalla Chiesa. Interverranno il sindaco di Terrasini Giosuè Maniaci e il segretario generale della Cgil Palermo Mario Ridulfo. Saranno presenti i familiari.

Maniaci venne ucciso a colpi di mitra a pochi metri dalla sua casa di campagna, in contrada Paternella, a Terrasini, il 25 ottobre del 1947. Aveva 38 anni. Maniaci era contadino, era sposato con Benedetta Pellerito, sarta: lasciò la moglie incinta del secondo figlio, mentre il primo aveva appena un anno.

Nel carcere di Portolongone, sull’Isola d’Elba, dove era detenuto per reati comuni, aveva conosciuto i dirigenti comunisti Mauro Scoccimarro e Umberto Terracini. Dopo Scoccimarro. Un incontro che gli cambiò la vita. Cominciò ad avere una visione politica dei conflitti sociali, divenne un cittadino consapevole, abbracciò le idee comuniste. Alla sua morte, il sindacato e le forze di sinistra denunciarono l’ennesimo delitto politico contro un loro esponente. Ma gli investigatori si orientarono subito verso un’altra direzione, la vendetta privata, fu incolpato per il furto di qualche chilo di olive, escludendo il movente politico. I tre mafiosi fermati, sospettati fortemente del delitto, Procopio Di Maggio, Leonardo Vitale e Giuseppe Di Maggio non furono nemmeno denunciati. Il processo non decollò mai e fu chiuso in istruttoria perché gli autori del delitto rimasero per sempre “ignoti”.

Un altro delitto impunito. “Sono dovuti passare 77 anni dal suo assassinio ma finalmente anche a Terrasini il sacrificio di Giuseppe Maniaci sta ricevendo il giusto riconoscimento – dichiarano il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo e Dino paternostro, responsabile dipartimento Archivio e memoria storica –  Ricordarlo oggi, intitolargli una strada del suo paese, significa indicare alle giovani generazioni la legalità e la giustizia sociale come la via maestra per costruire una società libera e giusta”.

“La vicenda Maniaci – aggiungono Ridulfo e Paternostro – dimostra come le lotte sindacali e politiche nella Sicilia del secondo dopoguerra riuscirono non solo a costruire giustizia sociale ma anche a strappare dalle grinfie della criminalità organizzata intere generazioni di giovani. Se non avesse incontrato dirigenti comunisti come Scoccimarro e Terracini, Giuseppe Maniaci rischiava di restare incagliato nelle maglie della criminalità organizzata. Invece diventò un sindacalista comunista della Cgil, che combatté a testa alta e con intelligenza a difesa dei braccianti e dei contadini poveri”.

L’assassinio del segretario della Federterra di Terrasini rientra nell’ambito della lunga serie di delitti mafiosi, che avevano l’obiettivo di fermare le lotte per i diritti dei lavoratori della terra e per l’abolizione del feudo in Sicilia.

Per tanti anni nessuno si è più ricordato di Giuseppe Maniaci. Il 22 ottobre 2019, nel 72esimo anniversario del suo assassinio, la Cgil e il Comune di Palermo gli hanno dedicato una strada nel capoluogo, nell’ambito del “progetto memoria”.

Adesso anche il comune di Terrasini, su proposta della Cgil Palermo, ha deciso di dedicare una via a Maniaci e di organizzare per domani mattina un’iniziativa pubblica per scoprire la targa e ricordare il suo sacrificio.

A ricordare Maniaci è anche Pino Di Stefano, 98 anni, storico dirigente della Cgil e del Pci, amico e compagno di Maniaci, di cui fu pure testimone di nozze. Di Stefano racconta che Maniaci era riuscito a organizzare i tanti braccianti agricoli disoccupati, battendosi per la loro iscrizione negli elenchi anagrafici dai quali erano stati cancellati da un impiegato comunale fascista. La Camera del lavoro arrivò a contare circa settecento iscritti. «Peppino Maniaci– dice Di Stefano – organizzò anche i piccoli contadini, che spinse a coltivare il pomodoro, che allora si commercializzava bene a Partinico, dove c’erano le industrie di trasformazione Ferrari, Pensabene e Contorno». Con coraggio ed ingegno, Maniaci riuscì anche a scongiurare che i contadini venissero rapinati dei soldi guadagnati con la vendita del pomodoro, al ritorno da Partinico con i loro carretti. «Si accordò con i contadini che gli affidarono i loro soldi, che lui portava a Terrasini viaggiando col treno – spiega Pino Di Stefano – mentre loro ritornavano in paese con i carretti».

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