Comune di Palermo, stipendi a rischio

Palermo – Ancora una volta, dunque, Siciliani Liberi ha avuto ragione. Avevamo invitato a più riprese il nuovo sindaco di Palermo eletto nel 2022 a dichiarare il dissesto. Altrimenti il Comune, partendo dalle sue aziende, avrebbe smesso di pagare gli stipendi. Ed ora a scriverlo è il cronista che da oltre 10 anni segue le vicende del Comune per l’ex quotidiano di Palermo.
Ecco qui: “Persino i dipendenti delle aziende avranno di che dolersi: come i comunali saranno inseriti nella lista che incrocia i debitori del Comune e il loro stipendio verrà decurtato del debito maturato” (Giornale di Sicilia, 22 agosto).
Le persone leggono e non capiscono. Lo spiega dunque Siciliani Liberi. Il Comune di Palermo ha centinaia di milioni di debiti: molti altri li hanno le aziende comunali. Queste ultime poi inseriscono in Bilancio decine di milioni di crediti nei confronti del loro proprietario e maggiore cliente: il Comune di Palermo. Sembra folle. E lo è.
Ma ora il Comune di Palermo, il cui Bilancio e il cui cosiddetto “Piano di riequilibrio” sono scritti dal medesimo dirigente indagato dalla Procura con altri 23 fra dirigenti ed ex sindaco e assessori (“altre 23 persone fra ex assessori, dirigenti e capi area comunali, risultano indagati per falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico dopo l’accertamento di numerose irregolarità nei bilanci di quattro anni, dal 2016 al 2019”) ha detto basta.
Il dirigente sa bene che adesso a rischio sono gli stipendi dei comunali. Così, improvvisamente, ultimo il bilancio semestrale di Rap, ha iniziato a riscontrare nei documenti contabili “gravissime irregolarità”. Il Comune infatti obbliga le aziende a trasmettere i conti ogni mese per esercitare il “controllo analogo”. Che, guarda caso, ad oggi non ha mai funzionato. Ora, invece, funziona. E se ci sono buchi, si decurtino gli stipendi delle decine di dirigenti e delle migliaia di dipendenti delle aziende.
È lì che le due famiglie politiche padrone di Palermo da oltre 30 anni si comprano il consenso residuo di chi li vota: nel cosiddetto centrodestra i Miccichè e nel cosiddetto “centrosinistra” il blocco di potere di Orlando e dei sindacati.
In altre parole, è iniziata la guerra fra poveri. I comunali non sono disposti a perdere lo stipendio per colpa delle aziende e dei loro bilanci insanabili. “Amat è di fatto già fallita”, ha scritto pochi giorni fa la consigliera comunale Argiroffi. Di Rap, ha scritto direttamente Basile. Amap è sotto inchiesta per reati ambientali così gravi che ne mettono a rischio la continuità aziendale: in caso di condanna dovrà risarcire opere di bonifica dal costo di centinaia di milioni. Sispi ha un solo cliente: il Comune. Persino la piccola Amg ha molti milioni di debiti lasciati dalla privatizzazione: ai privati è andata la lucrosa vendita del gas. E alla parte del Comune sono rimasti debiti e oneri pagati dal Comune con il “contratto di servizio”.
Il professore Lagalla, divenuto sindaco, forse era convinto che il Comune fosse come l’Università. Dove con un po’ di buona amministrazione e il Ministero a coprire qualche decina di milioni di buchi che trovò quando fu eletto rettore, tutto si sarebbe sistemato.
Adesso capirà negli ultimi anni della sua carriera pubblica che Siciliani Liberi era l’unica forza politica che voleva aiutarlo.

Ciro Lomonte

Qualis eligere