Lucca – Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione della ricorrenza della scomparsa del poeta Salvatore Quasimodo, avvenuta a Napoli il 14 giugno 1968, intende ancora una volta soffermarsi sul contributo di profonda civiltà e umanità offerto dall’autore siciliano nel suo testo Discorso su Martin Luther King, letto al Circolo De Amicis di Milano, l’11 aprile 1968, in cui celebrava la figura di Martin Luther King, barbaramente ucciso qualche giorno prima, il 4 aprile a Memphis (Usa).
Le riflessioni proposte più di cinquant’anni fa risultano particolarmente significative non soltanto perché riguardavano uno degli attivisti più illuminati nella storia dei diritti civili, ma anche per la lucidità dolente con cui Quasimodo si rendeva interprete dei suoi tempi e riusciva addirittura a “profetizzare” scenari geopolitici di bruciante attualità.
“Ho avuto occasione di scrivere e di dire altre volte che senza la pace arriveremo alla rottura dell’equilibrio attuale di leggi, costumi, conoscenze che sono il nostro testamento storico ai posteri. Ma l’odio che nel passato ha assunto forme distruttive concretandosi nelle guerre tra nazioni nemiche per una supremazia economica, oggi si colora di prospettive più torbide portando in superficie le latenti incomprensioni di gruppi etnici differenti.” (Salvatore Quasimodo)
Il poeta coglie lo spaventoso tandem paura/violenza che determina gli eventi umani praticamente da sempre; per Quasimodo sicuramente anche i fattori economici hanno il loro peso nel favorire i conflitti, ma, in linea con molte sue liriche, l’aggressività bestiale dell’uomo costituisce l’aspetto determinante, imprescindibile, quasi genetico dell’odio tra i popoli, a cui Martin Luther King aveva saputo trovare l’unica risposta geniale possibile: l’amore.
“Nel sentimento primordiale del terrore, portato dai mezzi scientifici al gigantismo, sono radicati il razzismo e la guerra. Per difendersi contro la paura i potenti hanno costruito armi micidiali, ora si trovano nelle loro carlinghe inutilmente blindate con le mani incollate ai pulsanti di una reversibile macchina della morte. Martin Luther King vedeva nell’amore il solo rimedio alla paura e quindi il mezzo per guarire gli uomini dalla crisi di angoscia che conduce ai sintomi morbosi come quelli che hanno provocato l’assassinio di lincoln a Washington, quello di Malcolm X ad Harlem, la morte di Kennedy a Dallas, quella di King a Memphis…” (Salvatore Quasimodo)
Quasimodo credeva che l’amore potesse davvero azzerare ogni forma di disarmonia e ingiustizia sociale. L’amore inteso come rispetto dell’altro, rispetto di sé stessi, della vita in tutte le sue forme. La violenza deriva dall’odio sicuramente, ma anche dalla bramosia di potere e da insoddisfazione. Chi non si accetta o disprezza la realtà circostante è ben avviato sul sentiero del conflitto. Quasimodo invece coglieva l’importanza di qualsiasi elemento/individuo in grado di prestarsi con umiltà e dedizione alla costruzione di un sistema equilibrato.
“Egli stesso diceva:” Nessun lavoro è insignificante. Ogni lavoro che elevi l’umanità ha la sua dignità e la sua importanza e dovrebbe essere fatto con diligenza e perfezione. Se un uomo è chiamato a essere spazzino di strada, egli dovrebbe spazzare le strade proprio come Michelangelo dipingeva, o Beethoven componeva musica, o Shakespeare scriveva poesia; dovrebbe spazzare le strade così bene che tutte le legioni del cielo e della terra dovrebbero fermarsi per dire: “Qui è vissuto un grande spazzino di strade, che faceva bene il suo lavoro”. (Salvatore Quasimodo)
Il CNDDU auspica una lettura attenta del documento in questione, per la profondità e la validità dei concetti espressi, invitando i docenti delle scuole superiori a proporne i contenuti ai propri studenti come attività estiva. Il monito di Salvatore Quasimodo rimanga impresso nella memoria collettiva: “La violenza fa nascere tiranni”.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU