Luciano Baldessari. Architetture per la scena

Venezia – Luciano Baldessari. Architetture per la scena. Una mostra per raccontare l’opera e la visione di Luciano Baldessari: architetto, designer, scenografo, figura eclettica e libera. In mostra disegni e progetti, accanto alla lampada-manichino Luminator.

«Luciano Baldessari. Architetture per la scena è la mostra che la Fondazione Giorgio Cini ospita dal 5 maggio fino al 26 novembre – in concomitanza con la Biennale Architettura 2023 – negli spazi della Biblioteca Manica Lunga.

Una mostra per raccontare la storia, la vicenda artistica e l’apporto innovativo di Luciano Baldessari (1896-1982): architetto e designer fra i più interessanti – e in parte dimenticati – del XX secolo, sperimentatore coraggioso e anticonformista, la cui vita e carriera attraversano le Avanguardie storiche, tra Europa e Stati Uniti. Da Rovereto, luogo di nascita e primissima formazione, con le lezioni di pittura da Fortunato Depero; a Vienna, dove compie gli studi tecnici; a Milano, come studente di architettura al Politecnico, dove si laurea nel 1922, e dei corsi di scenografia a Brera; nella vivace Berlino degli anni Venti, in cui la sua creatività esplode grazie alla vicinanza con grandi artisti, attori, scenografi e architetti dell’epoca, fino ad arrivare a New York negli anni Quaranta (1939-1948).

Luciano Baldessari. Architetture per la scena è il titolo scelto dalla curatrice Anna Chiara Cimoli, docente dell’Università degli studi di Bergamo e presidente della Fondazione CASVA, per una preziosa mostra composta da disegni in cui danza, teatro, pittura, musica convergono in una visione sempre spaziale. Una cultura visiva che, per Baldessari, è un apparato dinamico e composito, il cui metodo progettuale non scarta nulla di ciò che viene esperito, rielaborandolo e portandolo nel presente.

Questo modo di guardare al mondo e all’architettura prende forma anche in uno dei progetti più interessanti di Baldessari: il manichino-lampada-scultura Luminator, presentato all’Esposizione Universale di Barcellona del 1929, che racchiude il tributo dell’architetto verso la stagione futurista e la sedimentazione della cultura del Bauhaus frequentata nella stagione berlinese. L’oggetto nasce come supporto per i tessuti, ma rotea come un danzatore, illumina, crea rifrazioni nello spazio, ha un portamento scultoreo. Numerosi esemplari dell’opera vengono esposti nella Biblioteca Manica Lunga grazie alla collaborazione con Codiceicona, oggi produttore del Luminator.

Le opere in mostra, parte della collezione del CASVA-Centro di Alti Studi per le Arti Visive del Comune di Milano, sono qui valorizzate dal progetto di allestimento a cura di Baldessari e Baldessari: una panoramica della produzione scenografica di Baldessari fra gli anni Venti e Quaranta che testimonia di committenze illustri – Max Reinhardt, Erwin Piscator, Giuseppe Visconti di Modrone, Tatiana Pavlova, Enzo Ferrieri, Riccardo Gualino, fino alle occasioni newyorkesi.

Attraversando le influenze di Schlemmer e Brecht, di Kokoschka e della Nuova Oggettività, di Noguchi e Picasso fino all’Espressionismo Astratto, Baldessari è sempre capace di superare i confini disciplinari, restando radicalmente fedele a sé stesso».

Fondazione Giorgio Cini, Isola di S. Giorgio Maggiore, Venezia

Info: www.cini.it

Luciano Baldessari. Biografia

Luciano Baldessari nasce a Rovereto il 10 dicembre 1896. Nel 1906, dopo la morte del padre, viene accolto nell’Istituto Orfanatrofio di Rovereto, dove riceve le prime lezioni di disegno da Fortunato Depero. Dal 1913 fa parte del Circolo Futurista.

Nel 1915 viene deportato con la famiglia a Schardenberg-Schaerding, in Austria. Nell’aprile del 1916 è a Vienna, dove termina gli studi superiori presso la Scuola Reale.

Dal 1919 frequenta il Politecnico di Milano, laureandosi in Architettura il 14 dicembre 1922. Negli stessi anni segue anche i corsi di Prospettiva scenografica dell’Accademia di Brera. Il 14 gennaio 1923 parte per Berlino, dove soggiorna fino al 1926. Qui lavora in qualità di scenografo con i registi Max Reinhardt, Erwin Piscator, Adolf Licho, realizzando le scene per Kaddish, Modernità, Il processo, Amleto, Santa Giovanna, Giulietta e Romeo, Wallenstein. Si dedica anche alla pittura e al disegno, esponendo presso la galleria Casper (1923) e Gurlitt (1925).

Tornato in Italia, nel 1927 realizza l’allestimento della Mostra della Seta a Villa Olmo (Como) e l’arredamento della biblioteca-libreria Notari in via Montenapoleone. Nel 1928 progetta l’allestimento della Mostra della Moda al Teatro Excelsior di Venezia; il Teatro della Moda alla Fiera Internazionale di Milano e al Teatro dell’Esposizione di Torino. Fra il 1928 e il 1930 realizza numerose scenografie per le compagnie di Giuseppe Visconti di Modrone (La moglie saggia, Quelle signore, La corte dei miracoli), Tatjana Pavlova (Il vascello fantasma, La vita è bella) e Enzo Ferrieri (Dramma di figli, Esuli, Il primo e l’ultimo). Nel 1929 realizza i costumi per l’inaugurazione del Teatro Gualino di Torino.

Partecipa all’Expo di Barcellona del 1929 progettando lo Stand Tessili Italiani e il manichino metallico Luminator. Rinuncia ad aderire ai C.I.A.M., sostenendo invece la candidatura di Gino Pollini. Nel 1930 riceve l’incarico di progettare il bar Craja, cui invita a collaborare Luigi Figini, Gino Pollini e Fausto Melotti: il Craja, distrutto nel 1964, diventa uno dei più importanti luoghi di ritrovo degli intellettuali milanesi. Qui Baldessari conosce l’industriale Carlo De Angeli Frua, con cui stringe un rapporto di amicizia e di collaborazione, realizzando per lui una serie di progetti architettonici e svolgendo un’aggiornata consulenza per la formazione della sua collezione di arte contemporanea.

Seguono anni di intensa progettazione architettonica nel segno del razionalismo, da cui nascono lo stabilimento Italcima (Milano, 1932), il Padiglione della Stampa alla V Triennale (1933), il progetto per la Città Cinematografica di Milano (1933), due sale per l’Esposizione dell’Aeronautica Italiana al Palazzo dell’Arte di Milano (1934), la casa d’abitazione di via Pancaldo (1934-35), un padiglione per l’Expo Internazionale di Bruxelles (1935) e il progetto – non realizzato – per un complesso di abitazioni e uffici in piazza San Babila (1936-37). L’impossibilità di realizzare quest’ultimo progetto, per fattori sia economici che politici, spinge Baldessari a lasciare l’Italia e a trasferirsi, convinto antifascista, negli Stati Uniti.

Sbarcato a New York il 13 dicembre 1939, l’architetto vi soggiorna fino al 1948. Qui realizza un progetto per il Teatro della Moda di Elizabeth Arden, il ristorante self-service Alma Products Inc., numerose scenografie e opere pittoriche e grafiche. Non essendo riconosciuta la sua laurea, studia disegno a acquerello sotto la guida di Milan Petrovic. In questi anni frequenta Alexander Calder, José Luis Sert, Fernand Léger, Stamo Papadaki, Mies van der Rohe, Walter Gropius e i numerosi émigrés che avevano lasciato l’Europa a causa della guerra.

Tornato a Milano, riceve un incarico di grande prestigio: la progettazione dell’atrio e dello scalone d’onore alla IX Triennale di Milano (1951), cui invita a collaborare Crippa, Dova, Milani, Rossi, Radice. In quest’occasione Lucio Fontana realizza il celebre “cirro luminoso”.

Dal 1951 al 1956, Baldessari è incaricato di progettare i padiglioni della Breda alla Fiera Internazionale di Milano: vi chiama a collaborare Lucio Fontana (1953 e 1954), Attilio Rossi (1954) e Umberto Milani (1954). La collaborazione con Fontana e Rossi si ripete anche in occasione della progettazione del padiglione Sidercomit nel 1953.

Negli stessi anni è autore di importanti allestimenti di mostre d’arte: quella su Van Gogh a Palazzo Reale di Milano e sul Risorgimento Mantovano alla Casa del Mantegna di Mantova (1952, entrambe con Attilio Rossi); e poi Rembrandt e il Seicento Olandese (1954), Arte e Civiltà Etrusca (1955) e Modigliani (1958) a Palazzo Reale, dove, in collaborazione con l’architetto Zita Mosca, realizza in seguito anche le mostre su Roberto Crippa (1971), Lucio Fontana (1972) e “La ricerca dell’identità” (1974).

Nel 1956-57 è invitato a progettare un grattacielo all’Hansaviertel di Berlino. Dal 1958 è capogruppo per la progettazione di un lotto di edifici residenziali nel quartiere INA-Casa Feltre a Milano. Del 1962- 66 è il progetto per la casa di riposo per ciechi Villa Letizia, con la contigua cappella di Santa Lucia, a Caravate (Varese). Espone in diverse mostre, sia personali che collettive (Museo Teatrale alla Scala, Milano, 1969-70; Palazzo Rosmini, Rovereto, 1970; Galleria Pancheri, Rovereto, 1975; Biennale di Venezia, 1976 e 1978; Galleria Schettini e Fondazione Corrente, Milano, 1978, Institut Culturel de Paris, 1981). Nel 1978 riceve il premio “A. Feltrinelli” dall’Accademia Nazionale dei Lincei. Muore a Milano nel 1982. Il Palazzo delle Albere di Trento e la Triennale di Milano gli dedicano una grande retrospettiva nel 1985.

Il vascello fantasma, 1928
Teatro della Moda di Elizabeth Arden, 1940

Ph.

Il vascello fantasma, 1928. acquerello e matita su carta, CASVA-Comune di Milano. Scenografia teatrale per Il vascello fantasma di E. Lothar-Richter, rappresentato al Teatro Olimpia di Milano il 25 giugno 1928. regia di Tatiana Pavlova.

Giuliano, 1927. pastello su carta, CASVA-Comune di Milano. Scenografia teatrale per Giuliano di Riccardo Zandonai (II atto), non realizzata.

Teatro della Moda di Elizabeth Arden, 1940. matita su carta, CASVA-Comune di Milano. Progetto per il Teatro della Moda di Elizabeth Arden a New York.

Giuseppe Longo

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