Non multa sed multum (Non molte cose, ma molto – Plinio il giovane)

Cefalù (Pa) – Mi pare opportuno, oltre più che convenevole e doveroso, attesa la tematica ad impegnarmi, anteporre un indicativo prologo alla mia seguente disamina: prologo, ouverture, proemio, premessa, prefazione, lo si chiami come si vuole; l’importante è che sia breve, brevissimo nel nostro caso, affinché, come al solito risultano tante farraginose anticipazioni, non appaia stancante e tedioso.

Al fatto: ho avuto modo di leggere due interessanti libri che mi sono capitati fra le mani, recentemente donatimi dalla benevolenza dell’Autore, Mons. Liborio Asciutto, personaggio che, bontà Sua, mi onora della Sua preziosa amicizia; per quanto, per mia esclusiva etica, io debba qui umilmente confessare a mio estremo discredito, che, pur io permanendo nel seno dello stesso credo, la mia indole, la mia esperienza, il mio carattere, le mie convinzioni spirituali mi inducono spesso a perseguire delle correnti di pensiero leggermente divergenti da quello che è l’esemplare tracciato, da gran tempo imperante e quasi universalmente accettato, sicuramente il più radicato nelle nostre coscienze.

Ne faccio sincera ammenda. Ma vai ad imbrigliare il nostro pensiero indirizzandolo ad una razionale speranza!

Tuttavia, malgrado ciò, per lealtà, per dignità, per rispetto e per educazione ritengo che chiunque si arroghi il compito di esternare dei commenti, dei giudizi, delle recensioni su libri, opere d’arte e quant’altro che sia frutto della dimensione spirituale altrui non possa, né deve, minimamente prescindere da qualsiasi argomento abbia a trovarsi di fronte; anzi, deve adottare più impegno per quelle tematiche verso le quali si sente meno versato trattandone l’assunto col massimo impegno, rigore, e con la massima onestà possibili, lasciando da parte, obliterando e annullando ogni sottaciuta più intima personale convinzione.

E’ il mio attuale proponimento, quest’ultimo, nella presente contingenza.

Colgo, così, l’occasione di disquisirne prendendo lo spunto da alcune espressioni profonde di un celebre personaggio cristiano, che, oltre al proprio pensiero, riporta anche l’altrui.

“Dogmaticamente parlando, nulla è più certo della possibile santificazione dell’azione umana”.

E’ un’illuminata asserzione, questa, dell’eminente ingegno e della profonda fede di Pierre Teilhard De Chardin, Sacerdote Gesuita e scienziato (1881 Francia -1955 New York) enunciata nel suo rimarchevole saggio “L’ambiente divino”.

Nello stesso testo è pure riportato un incisivo pensiero di S. Paolo, che recita testualmente:

“Qualunque cosa facciate, fatela in nome di Nostro Signore Gesù Cristo”.

“… Possiamo perderci in Dio – esprime ancora De Chardin – solo prolungando al di là di se stesse le caratteristiche più individuali degli esseri …”.

E ancora ancora: “…quid habes quod non accepisti?” (cosa possiedi che tu non abbia preventivamente ricevuto?)

A questo punto non manco di chiedermi: perché figgermi di far partire questa mia incerta prolusione da tali profonde espressioni che potrebbero a buon diritto rappresentare la summa di cattedratiche opere di ben più alta levatura che non la mia?

Perch’esse asserzioni, a mio modesto vedere, rappresentano concezioni primarie che nobilitano il pensiero umano e alle quali s’apprende il nostro Rev/mo Mons. Liborio Asciutto, filosofo e teologo, non alieno da precedenti esperienze letterarie etico-religiose (“Il Cantico di Cefalù”, “Rapsodia spirituale”, “Eva e le sue sorelle”, “Via Crucis ecumenica”, “Le vetrate del Duomo di Cefalù” e molt’altre di non minore indubbio interesse) di validissimo impatto con gli esistenziali problemi di una moderna società in buona parte distratta dall’incalzare dei rutilanti tempi verosimilmente orientati verso un alienante consumismo.

Adesso due nuovi testi, quindi, frutto dell’ascetica laboriosità del Nostro, licenziati alla ribalta dell’attenzione del pubblico: “Pennellate Cefaludesi” (del 2022) e “Dittico Artistico Spirituale” (del 2023), libri del cui contenuto qui intenderei spendere qualche in culturale pensiero.

In (“Pennellate…), lungimirante caleidoscopio di notizie e di acute osservazioni filtrate da una logica dell’intelligenza attiva e costantemente presente in ogni tratteggio, sia esso paesaggistico, storico, descrittivo, umano, artistico o filosofico, con inusitata perspicacia l’Autore rivaluta una sintetica storia di Cefalù a partire dal sogno di Ruggero II, il Normanno, di erigere, secondo l’abusata leggenda, una cattedrale nel luogo istesso in cui fosse fortunosamente approdato a seguito di una rovinosa procella, lui che si trovava in mare su un legno che faceva la spola da Salerno a Palermo e che costretto, appunto, dall’improvviso infuriare degli elementi dovette prender terra nel primo luogo possibile che il caso volle fosse la rada di Cefalù.

Mons. Asciutto parla della costruzione della cattedrale, dei suoi mosaici, delle sue vetrate, delle sue sculture, delle sue peculiarità artistiche, allegoriche e megalitiche, dei suoi affreschi murali, cita interessanti storiche figure del tempo quali “Al-Sharif al-Idrisi, Giorgio d’Antiochia”, stigmatizza l’eccelsa opera del suo ideatore e costruttore, il prefato cattolico mecenate Ruggeroi II, non dimentica di accennare ai sarcofagi sottratti, descrive la città in generale, le sue peculiarità civili ed umane, i suoi luoghi, la sua cultura, sino a tratteggiare alcune caratteristiche figure paesane quali il Barravecchia,”Nino Cieco” inteso, il Dr. Saro Ilardo, strenuo estimatore dell’urbe e suo indimenticabile aedo, per concludere con degli squarci poetici di buona fattura offerti in una estensione lirica dall’emblematico e lungimirante titolo “Per un Arcobaleno di Pace”.

A buon diritto ripeto la plinica didascalìa “Non multum, sed multa” nel presente caso calza a pennello.

Il “Dittico…” comprende due percorsi ben definiti: l’ “Artistico” e lo “Spirituale”.

Nel primo tomo, l’Artistico, più descrittivo, l’Autore focalizza la sua competente attenzione sulle fantasmagoriche vetrate del Duomo di Cefalù realizzate dalla spiccata sensibilità espressiva di Canzoneri, poliedrico artista che ha saputo accoppiare con sapiente maestrìa, pur contrapponendole, la plasmata materia del manufatto con le astratte caratteristiche tematiche delle composizioni bibliche, decorativi elementi che ben si adattano all’alta qualità dei mosaici e delle strutture architettoniche proprie del Sacrario;

nel secondo, lo Spirituale intendo, tomo più intimista e riflessivo in cui filosofìa, filologìa, teosofìa e teologìa, inclinazioni non estranee al contesto trattato e proprie del bagaglio culturale dell’Autore, s’inseguono, s’incrociano, si amalgamo e si scindono allo stesso tempo, affiorando ed immergendosi l’una nell’altra, comparendo e scomparendo in simbiosi a guisa del modo di comportarsi dei delfini che usano fluttuare saltando in una distesa marina d’acque calme e trasparenti, tanto da dare la parvenza d’una vicendevole intesa volta al raggiungimento d’una comune conquista , Mons. Asciutto focalizza le sofferte vicende del genere umano considerato nel suo laborioso e doloroso terreno cammino, vieppiù vessato dalle ataviche e tutt’ora esistenti contraddittorie divisioni spirituali germinate nel seno delle tre grandi correnti di pensiero religioso, tutte scaturite da Abramo e che fanno capo al cristianesimo, all’ebraismo e all’islamismo.

Dottrine rispettivamente rappresentate dal Vangelo, dalla Bibbia Ebraica e dal Corano ed i cui rappresentativi simboli sono la Croce, il Candelabro a sette bracci e la Mezzaluna crescente.

Attraverso la rivisitazione della “Via Crucis” l’Autore stigmatizza il diverso procedere delle tre monoteistiche religioni, seppure convergano al raggiungimento d’una comune verità.

Interessanti ed importanti i due citati libri che rivelano nell’Autore una non indifferente capacità di sintesi creativamente dottrinale su un argomento che, rivo in landa desertica, esula dalle solite trattazioni di stampo profano; attraverso di essa rivisitazione il lettore viene immerso in una realtà pseudoonirica nella quale l’analisi descrittivo-critica si dispiega e raggiunge le più alte vette delle sue più sincere proprietà intellettuali.

Sunti da leggere e da meditare, a corollario degli altri in parte già citati che la faconda etica dello stimato Mons. Liborio Asciutto ha plasmato e pubblicato in passato.

Giuseppe Maggiore

Qualis eligere