Palermo – “No guardi, non mi dica che i lavori saranno finiti fra poco perché è da 3 anni che qui al ritiro bagagli ci sono i fili elettrici pendenti dal tetto. Ho una certa età e conosco la città”, scriveva al solito divertito su un social lo scrittore e giornalista Roberto Alajmo dopo un recente atterraggio a Punta Raisi.
Siciliani Liberi è una forza politica tanto matura e non demagogica quanto concreta. Che ora offre ai concittadini siciliani un’analisi dettagliata della situazione reale delle due società pubbliche che gestiscono gli scali di Catania e Palermo. Iniziando proprio dalla Gesap.
La posizione di Siciliani Liberi è chiara: l’aeroporto di Palermo è una preziosa risorsa pubblica, che tale deve rimanere. Affidandone la gestione ad Aeroporti di Sicilia: la società di gestione aeroportuale regionale, interamente di proprietà della Regione Siciliana, che dovrà rapidamente sostituire le tre SpA pubbliche che gestiscono attualmente i quattro scali aeroportuali della Sicilia (Catania, Palermo, Trapani e Comiso).
Ciò detto, vediamo come PMO (la sigla internazionale dell’aeroporto di Palermo) è divenuto in 30 anni una risorsa strategica allo sviluppo dell’intera Sicilia, cosa ancora non funziona, e perché deve essere mantenuto integralmente in mano pubblica, creando rapidamente un’unica società di gestione aeroportuale di proprietà della Regione Siciliana.
Nel 1995, PMO vede passare poco più di 2 milioni (2.086.427) passeggeri. L’anno scorso sono stati 7,1 milioni. A gestire lo scalo una SpA pubblica creata nel 1985 di cui, a parte una piccolissima quota in mano ad associazioni di imprese private, sono soci solo enti pubblici: Provincia e Comune di Palermo, Comune di Cinisi e Camera di commercio di Palermo.
Durante la Prima Repubblica, a gestire lo scalo di Palermo è direttamente lo Stato, come avviene ancora oggi per i porti. La Gesap era stata costituita nel 1985 giusto per gestire carico e scarico dei bagagli. Con la fine della Prima Repubblica (1947-1992), lo Stato è costretto dalle normative comunitarie tutte ispirate al liberismo economico ad affidare la gestione dei suoi aeroporti a società per azioni.
Nel 1994, lo Stato affida quindi l’aeroporto di Palermo alla Gesap: prima la sola aerostazione. Quindi, nel 1999, anche le infrastrutture di volo, cioè le piste e i relativi servizi a supporto inclusa l’illuminazione serale.
La crescita per molti anni è stata lineare. Nel 2000 si superano per la prima volta i 3 milioni (3.199.782) di passeggeri. E nel 2006, i 4 milioni (4.248.000).
In 20 anni (1995-2006), il traffico passeggeri è raddoppiato. Sono gli effetti dell’arrivo sul mercato delle compagnie aeree a basso costo (“low-cost”) che consentono ai passeggeri di arrivare o partire da Palermo per molte destinazioni in Europa e in Italia con poche decine di euro. In realtà, a finanziare queste aziende non sono certo i proventi dei biglietti venduti, quanto piuttosto i soldi pubblici ad esse versati a decine di milioni di euro ogni anno dagli scali minori di tutta Europa, fra i quali ovviamente c’è quello di Palermo.
Si tratta di traffico turistico unito al pendolarismo Sicilia-Nord dei residenti una volta interamente svolto col treno notturno Palermo-Roma-Milano, e poi spostatosi sugli aerei con l’arrivo delle compagnie low-cost.
Palermo e la Sicilia nei 30 anni della Seconda Repubblica (1992-2022) subiscono infatti un autentico processo di desertificazione industriale e di spopolamento. Da sola, la popolazione di Palermo passa dai 700mila abitanti (quasi 699.000) di inizio 1992 ai 630mila di inizio 2022 (nel 2022, Siciliani Liberi stima che Palermo abbia perso per la prima volta dall’unità d’Italia oltre 10mila residenti).
La svolta per l’aeroporto di Palermo arriva nel 2015. In Tunisia, gravi attentati terroristici condotti direttamente nei resort turistici fanno crollare il turismo nell’intero Nord Africa. I tour operator devono reindirizzare milioni di turisti ogni anno. La Sicilia è proprio di fronte Tunisia e Libia. Lo fanno sulla Sicilia. E così nel 2016 il traffico a PMO cresce quasi del 10% (+8,53%), raggiungendo quota 5milioni e 300mila. Stesso tasso di crescita nel 2017.
A ottobre del 2017, la maggiore compagna aerea low-cost abbandona l’aeroporto di Trapani Birgi. Con una decisione inspiegabile, la società di gestione dello scalo Trapanese annulla il “bando di gara per la promozione delle rotte”, cioè la gara con cui la compagnia low-cost vincente verrà pagata molti milioni di euro per farvi atterrare i suoi aerei (https://bit.ly/3Z2SIhc). La decisione fa perdere all’aeroporto di Trapani 1,1 milioni di passeggeri: passano tutti al vicino PMO.
Così, nel 2018, la crescita di PMO è del 15% (+14,73%) e l’aeroporto si avvicina ai 7 milioni (6.601.472) passeggeri. Cifra che di fatto raggiunge nel 2019, quando vi passano 6.998.336 passeggeri: 5 milioni arrivano con voli domestici e 2 milioni con voli internazionali.
Nel 2020, a causa della nota emergenza sanitaria, il numero dei passeggeri scende a 2 milioni e mezzo (2.688.042). La società di gestione viene salvata dallo Stato che concede (tanto a Gesap che a tutte le società aeroportuali italiane) la Cassa integrazione in deroga per evitare il licenziamento del personale (la Cassa sarà pagata fino alla fine di aprile del 2022) insieme ad una tale massa di denaro pubblico – denominata ancora oggi “ristori” – da consentire a Gesap di chiudere il bilancio 2020 con una perdita di soli 5 milioni, e quello 2021 con un consistente attivo di 8 milioni.
Come se nulla fosse accaduto, infatti, nel 2021 il traffico torna vicino ai 5 milioni di persone (4.558.153). Per poi raggiungere il record storico nel 2022 (7.097.069). Sempre con la stessa distribuzione: 5 milioni da voli domestici, e 2 milioni da voli internazionali.
La società ha 252 dipendenti, il 41% dei quali abita a Palermo. Gli altri vivono tutti a Cinisi e a Terrasini. Non bastassero gli aiuti ricevuti, a marzo 2022 viene pure firmato un accordo con i sindacati per cui, grazie ai soldi pubblici messi da Inps e in piccola parte da Gesap, entro il 31 dicembre 2022, 24 unità di personale vengono messi in pensione anticipata (https://bit.ly/3IQ5jOb/).
Di fatto, l’aeroporto di Palermo è l’unica azienda di Palermo di dimensioni significative a conoscere una grande crescita nei 30 anni della Seconda Repubblica. I politici locali lo sanno e vi mettono a capo direttamente i propri esponenti politici più fidati: Forza Italia vi nomina il segretario provinciale e poi Senatore, Giacomo Terranova, che diventa amministratore delegato fra il 2003 e il 2010.
Orlando vi fa nominare presidente nel 2013 il suo braccio destro, anche lui già Senatore, Fabio Giambrone. Occuperà la carica fino al 2018 per poi rientrare come presidente della controllata di Gesap che si occupa della movimentazione bagagli dove pure era già stato Terranova. Vi si trova ancora oggi, da poco confermato fino al 2024 dal nuovo sindaco di Palermo, Lagalla.
Lentamente, ma necessariamente per far fronte al numero di passeggeri triplicato in 30 anni (1992-2022), lo scalo viene dotato di nuove infrastrutture. I lavori proseguono fra mille difficoltà, come evidenziato da Alajmo, oppure dalla rottura, la notte del 31 marzo 2022, di una parete in cartongesso che stava per provocare seri danni alle persone con successiva evacuazione dei passeggeri in attesa e chiusura dello scalo (https://bit.ly/3EBe6lD), ma proseguono.
Aprono nuovi parcheggi. Vengono rifatte le piste, sostituite le torri faro del piazzale, e avviati quelli per rifare i terminal di arrivo e partenza. Sono lavori per decine di milioni di euro, pressoché interamente finanziati dal contribuente attraverso fondi regionali, statali e comunitari.
Il deputato regionale Ferrandelli nel 2014 interroga il presidente della Regione scrivendo che i “lavori dell’aerostazione sono stati finanziati quasi tutti con fondi pubblici… per circa 82 milioni di euro, buona parte delle quali in fase di realizzazione ormai da parecchi anni e con incalcolabili ritardi nella consegna” (https://bit.ly/3knLLbJ).
“Piccolo aeroporto regionale”, scrive Skytrax (https://skytraxratings.com/airports/palermo-airport-rating) nella sua recensione online, “con scelta di cibi e bevande equamente suddivisa tra lato terra e lato volo, e questi offrono principalmente cucina italiana piuttosto costosa. La possibilità di fare shopping è limitata e I prezzi elevati. Basso comfort a causa del numero e del tipo di sedili. La pulizia nelle aree di attesa e nei bagni è incoerente. Il servizio clienti è piuttosto scadente per un aeroporto che serve principalmente turisti e le competenze linguistiche del personale non adeguate”.
La crescita di PMO continua. Alla fine del 2022, però, l’inflazione e la crisi economica ormai manifesta in tutta Europa con i prezzi energetici fuori controllo e la strana guerra al confine fra Russia e Ucraina, fa calare in modo significativo il numero di passeggeri: -20% sia a novembre che a dicembre. Con proteste diffuse per il caro voli. Raggiungere Palermo da Milano può costare anche 600 euro. C’è chi ha pagato un biglietto per Roma più di 1.000 euro.
Non mancano, nel processo di crescita impetuosa, gli scandali dovuti alla corruzione. Nel 2015 il vicepresidente Gesap viene arrestato proprio durante il pagamento di una tangente di 100mila euro estorta a un operatore del settore della pasticceria cui ha promesso il rinnovo della concessione dello spazio aeroportuale (https://bit.ly/3SryATz). Due anni dopo vengono arrestati l’ex direttore generale e un manager Gesap responsabile unico del procedimento di numerosi appalti. Sono accusati di associazione a delinquere insieme ad un docente universitario e ad un imprenditore, e vengono sequestrati preventivamente 4 milioni (https://bit.ly/3m5iZgp).
Pochi anni prima, Terranova era diventato fra i manager aeroportuale più pagati in Italia: oltre 217mila euro (“Sono molti: ma sono anche gli unici. Non colleziono incarichi, io”, dichiara a un giornale commentando la pubblicazione online del suo stipendio, https://bit.ly/41o4Wmf).
La storia dello sviluppo dell’aeroporto di Palermo fra il 1992 e il 2022 dimostra chiaramente la necessità che a guidare tale sviluppo sia una società unica regionale, capace di tenere in considerazione gli interessi e i bisogni di tutti i siciliani, e non solo di quelli di un territorio ristretto.
Vale per Palermo, la cui crescita dal 2018 è dipesa dalla soppressione dell’aeroporto di Trapani. E vale per Catania, su cui torneremo a breve, la cui società di gestione ha assorbito quella che gestisce l’aeroporto di Comiso. Che infatti, resta pressoché deserto.
La posizione di Siciliani Liberi è chiara: l’aeroporto di Palermo è una preziosa risorsa pubblica strategica allo sviluppo della Sicilia. E pubblica deve rimanere, seppure affidata interamente alla Regione Siciliana e non ai politici locali e alle loro logiche di sottosviluppo. La sua storia conferma come la questione meridionale, e quella siciliana in particolare, sia innanzitutto questione di classi dirigenti.
Sta alle forze politiche leali allo sviluppo della nostra terra, come Siciliani Liberi, il compito di dare agli aeroporti siciliani un management giovane e capace che possa farli crescere non solo nei numeri, ma nella qualità tanto dei servizi offerti ai passeggeri che dell’ambiente di lavoro in cui operano i dipendenti. Incluso ovviamo il maggiore scalo siciliano, quello di Catania, di cui Siciliani Liberi parlerà a breve.
Ciro Lomonte