Monreale (PA) – Omelia di S. E. Mons. Michele Pennisi, amministratore apostolico dell’Arcidiocesi di Monreale, in occasione della Festa SS. Crocifisso di Monreale, 3 maggio 2022.
«Carissimi Confratelli,
Illustri autorità civili e militari,
confrati della Confraternita del SS. Crocifisso di Monreale,
fratelli e sorelle amati dal Signore,
la Chiesa e la città di Monreale monrealese che vanta una storia preziosa da cui attingere tante ricchezze spirituali e pastorali vive con questa festa un momento di ripresa che apre alla speranza.
Oggi dopo due anni durante i quali a causa della pandemia non abbiamo potuto celebrare la festa del tre maggio con la partecipazione del popolo, siamo riuniti in questo Santuario per venerare il SS. Crocifisso, cimelio prezioso di fede che si collega con “la bella eredità” trasmessa dai vostri padri, che è stata rilanciata dall’arcivescovo Girolamo Venero nel 1626.
Occorre vigilare perché le espressioni della religiosità popolare non si riducano alla ripetizione di un repertorio del passato, ma esprimano una fede viva, aperta alla speranza e animata dall’amore.
Non può bastarci una fede fatta di usanze tramandate, di solenni celebrazioni, belle occasioni popolari, momenti emozionanti; abbiamo bisogno di una fede che si fonda e si rinnova nell’incontro personale con Cristo morto e Risorto.
Nel volto del Crocifisso risplende la bellezza, il perdono e l’amore coinvolgente di quello che il popolo di Monreale invoca come “Patruzzu amurusu” da cui invoca la Grazia, cioè il suo amore gratuito.
Nella figura del serpente di bronzo è profetizzata la croce; nel popolo in cammino nel deserto è prefigurata l’umanità di ogni tempo e di ogni luogo in cammino verso l’eternità; un ‘ umanità che se non vuole morire di disperazione, di noia, e non rassegnarsi alla violenza e alla guerra deve guardare alla croce!
Noi veniamo invitati ad alzare lo sguardo verso Gesù Crocifisso. E tenere fisso lo sguardo verso il Crocifisso vuol dire tenere fisso lo sguardo sul suo modo di amare fino in fondo.
Abbiamo ascoltato nel vangelo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).
La festa di oggi rappresenta la celebrazione dell’amore totale di Dio per ciascuno di noi. Dio ci ama. Non dubitiamo mai del suo amore, qualunque cosa ci accada nella vita siamo infinitamente e gratuitamente amati, siamo accolti in paradiso da Gesù morente come il buon ladrone.
Gesù Cristo, per amore, ha dato sé stesso fino alla fine per salvarci. Le sue braccia aperte sulla croce sono il segno più prezioso di un amico capace di arrivare fino all’estremo: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1
Noi «siamo salvati da Gesù: perché ci ama e non può farne a meno. Possiamo fargli qualunque cosa, ma Lui ci ama, e ci salva.
L’amore del Signore è più grande di tutte le nostre contraddizioni, di tutte le nostre fragilità e di tutte le nostre meschinità. Ma è precisamente attraverso le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità che Lui vuole scrivere questa storia d’amore, che raggiunge il suo culmine sulla Croce. Gesù Crocifisso ci abbraccia sempre, dopo le nostre cadute, aiutandoci ad alzarci e a rimetterci in piedi.
Egli ci perdona gratuitamente. Il suo donarsi sulla croce è qualcosa di così grande che noi non possiamo né dobbiamo pagarlo, dobbiamo soltanto accoglierlo con immensa gratitudine e con la gioia di essere amati: «egli ci ha amati per primo» (1 Gv 4,19), ci ha amati a caro prezzo.
Egli soffre e ha un solo desiderio: poterci perdonare.
Guardiamo il Crocifisso. È dalle sue piaghe, da quei fori di dolore provocati dai nostri chiodi che scaturisce il perdono.
Guardiamo le braccia aperte di Cristo crocifisso, lasciamoci salvare sempre nuovamente.
Guardiamo Gesù Crocifisso e vediamo che non abbiamo mai ricevuto uno sguardo più tenero e compassionevole. un abbraccio più amorevole.
‘Guardare’ è molto di più del semplice vedere con gli occhi: è avere uno sguardo d’amore.
Nell’inno popolare al Ss. Crocifisso si canta: “Non ti arresti il tuo peccato sulla soglia dell’altare dall’aperto tuo costato sgorga un’onda salutare”.
Essere devoti del Crocifisso è essere devoti tutti i giorni dell’amore a tutti i costi, un amore che sorprende per la sua generosa radicalità, essere devoti di Gesù Crocifisso significa seguirlo ogni giorno portando la nostra croce dietro di lui, rinunciando al nostro egoismo e aprendoci all’amore per Gesù e per il prossimo.
Nella follia della guerra si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo è ancora una volta crocifisso nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli.
Volgiamo oggi il nostro sguardo a Gesù Cristo Crocifisso e chiediamogli di aiutarci a ricostruire il tessuto umano e civile della nostra città ferita da mille problemi: la mancanza di lavoro, l’illegalità, la micro criminalità minorile con gesti di vandalismo gratuito, lo spaccio e il consumo di droghe, le povertà materiali e culturali, la ludopatia, la ricerca dell’interesse personale a scapito del bene comune e la fragilità delle relazioni umane.
Chiediamogli che ci aiuti a promuover un cambiamento personale e comunitario attraverso atteggiamenti caratterizzati dalla mitezza, dall’accoglienza, dalla fraternità, dalla speranza.
Monreale devota del Crocifisso sia una città in cui l’accoglienza si faccia prossimità e vicinanza, carità e solidarietà verso tutti. Senza spirito di accoglienza la nostra Monreale si condanna alla sterilità.
Ritroviamo la fraternità nelle nostre relazioni partendo dalle nostre famiglie, dalle confraternite, dai luoghi in cui abitiamo, dalle strade che percorriamo, superando rancori, invidie, gelosie, insulti, calunnie. Liberiamoci da ogni inimicizia! Costruiamo relazioni positive che fanno dell’amicizia libera e leale, della concordia e della fraternità il gusto e la bellezza del vivere insieme.
Ci attende uno slancio di responsabilità collettiva, capace di inclusione, reciprocità pur nelle diversità di vedute, a servizio del bene comune.
Oggi chiediamo a Cristo Crocifisso di attirare nel cerchio divino della sua Resurrezione, la fraternità di una comunità accogliente e gratuitamente ospitale, che seguendo il Crocifisso, risorga a vita nuova» (Mons. Michele Pennisi).
Giuseppe Longo