Termini Imerese (PA) – Il 24 maggio 1915, l’Italia, abbandonatala Triplice Alleanza, interviene nella Prima Guerra Mondiale, schierandosi a fianco degli eserciti dell’Intesa. In virtù del “Progetto di ordinamento di guerra della Regia Guardia di Finanza” che fu emanato nel luglio del 1912, anche questo “Corpo specializzato”, che lo scorso 5 ottobre (1) ha festeggiato i 250 anni dalla sua fondazione (1774 – 2024), prese parte al conflitto. In realtà, il “Corpo delle guardie di finanza”, titolo assunto con l’emanazione della legge 8 aprile 1881, n. 149, compartecipò alla “Grande Guerra” con un contingente di 12.000 effettivi, pari al 40% dell’organico complessivo del Corpo al termine dei richiami delle classi in congedo (32.000 unità) (2). In ciò fornendo, un significativo contributo in termini operativi, distinguendosi in numerosi fatti d’arme sia in Italia che nei territori d’oltremare.
Lo scorso 2024, in Europa, si sono avviate le celebrazioni per i 110 anni dall’inizio della Prima guerra mondiale. In Italia il medesimo evento viene rievocato nell’anno in corso tenuto conto che la sua entrata in guerra a fianco delle potenze di Francia, Regno Unito, e Russia risale al 1915. Per l’occasione, abbiamo chiesto al ricercatore storico Michele Nigro (3), di parlarci delle origini e dell’intervento della Regia Guardia di Finanza nel cennato conflitto.
LA GUARDIA DI FINANZA – LE ORIGINI
«Per definizione lo Stato è un ente territoriale sovrano i cui elementi costitutivi sono il popolo, il territorio e il governo. Il territorio è il luogo all’interno del quale lo stato esercita il proprio potere e il passaggio di merci attraverso i propri confini è, da sempre, motivo di controllo e/o imposizione fiscale.
Per tale ragione e per garantire l’inviolabilità delle frontiere, ogni governo colloca in tali luoghi speciali milizie armate a tutela sia degli interessi militari, sia di quelli erariali.
Verso la fine del 1700 i traffici commerciali subirono un notevole incremento, grazie ad un lungo periodo di pace e di sviluppo economico. Gli Stati all’epoca presenti nella penisola potenziarono e riordinarono, pertanto, le truppe a presidio dei confini.
Si riconducono a tale momento le origini della Guardia di Finanza quando, il 1° ottobre 1774, per volere del Re di Sardegna Vittorio Amedeo III di Savoia, è costituita la “Legione Truppe Leggere“. E’ il primo esempio in Italia di un corpo speciale istituito e ordinato per il servizio di vigilanza finanziaria dei confini, e per la difesa militare delle frontiere. Nel tempo il Corpo cambiò denominazione in “Legione Reale Piemontese” e “Legione Reale Leggera”, mantenendo inalterati i compiti e le peculiarità.
Dopo la caduta di Napoleone, con il Congresso di Vienna (1815), gli Stati europei furono riportati alle condizioni politico/territoriali del 1789. In Italia erano presenti i seguenti stati con le relative forze doganali: Regno Lomdardo-Veneto (Imperial Regia Guardia di Finanza); Ducato di Parma e Piacenza (Guardia Reale di Finanza); Ducato di Modena (Guardia Reale di Finanza); Granducato di Toscana (Real Guardia di Finanza); Stato Pontificio (Guardia di Finanza Pontificia); Regno delle due Sicilie (Guardie dei Dazj Indiretti) e Regno di Piemonte (Corpo dei Preposti delle Regie Dogane Piemontesi).
Molti dei Finanzieri degli stati preunitari parteciparono attivamente ai moti risorgimentali distinguendosi in varie azioni per coraggio e valore. Un battaglione della Guardia di Finanza Pontificia era a fianco di Garibaldi nel 1848/49 con gli insorti della neo Repubblica Romana nella difesa della città attaccata dalle truppe francesi.
Alcuni Doganieri parteciparono alla spedizione dei Mille ancorché l’accordo di Garibaldi con il governo piemontese escludesse tassativamente l’arruolamento di militari appartenenti a corpi dell’esercito regolare. Ricordiamo anche la colonna del Colonnello Callimaco Zambianchi, costituita da circa sessanta uomini, che sbarcati a Talamone nei pressi di Orbetello (Grosseto), doveva creare un diversivo per agevolare il successivo sbarco di Garibaldi a Marsala.
Compiuta l’unificazione, il Regno d’Italia si ritrovò con circa 15.000 uomini da riorganizzare e distribuire sul territorio. Nel 1862 venne, pertanto, istituito il “Corpo delle Guardie Doganali” posto, in tempo di pace, alle dipendenze del ministro delle finanze e, in tempo di guerra, del ministro della guerra e di quello della marina. Per determinati reati i doganieri erano sottoposti al codice penale militare e al regolamento di disciplina dell’esercito. A essi era affidato il compito primario della “vigilanza doganale” e quello eventuale di “concorso”, in tempo di guerra, alla difesa dello Stato. Il Corpo operava alle dipendenze della Direzione Generale delle Gabelle.
Nel 1866 (III Guerra d’Indipendenza) oltre 1500 finanzieri transitarono nei reparti regolari dell’Esercito e dell’Armata Navale o accorsero come volontari al seguito di Garibaldi mentre i reparti del Corpo dislocati al confine con l’Austria furono impegnati in Valtellina, nello Stelvio e sulle alture nel Tonale. Nel 1867 combatterono con Garibaldi nello sfortunato tentativo di giungere alla liberazione di Roma. Liberati il Lazio e il Veneto, con la presa di Roma del 20 settembre 1870 e la fine del potere temporale del Pontefice, l’unità d’Italia era conclusa.
Con la Legge 8 aprile 1881, n. 149, il Corpo delle guardie doganali assume “titolo a uffizio” di “Corpo della Guardia di Finanza” con la funzione di “impedire, reprimere e denunciare il contrabbando e qualsiasi contravvenzione e trasgressione alle leggi e ai regolamenti di finanza, di tutelare gli uffici esecutivi dell’amministrazione finanziaria come pure di concorrere alla difesa dell’ordine e della sicurezza pubblica”.
Dal 1892 il Corpo assume la denominazione di “Corpo della Regia guardia di finanza”, venendo inserito tra le “forze militari di guerra dello Stato” con il compito, in caso di mobilitazione, di formare battaglioni e compagnie per partecipare alle operazioni.
Nel 1906 la struttura dell’unità è modificata e posta alle dirette dipendenze del Ministro delle Finanze. Essa comprendeva: un Comando Generale, retto da un generale dell’Esercito, dodici legioni territoriali, una Legione Allievi e una Scuola Allievi Ufficiali.
Con Decreto Reale del 14 luglio 1907 fu esteso al Corpo l’uso delle stellette a cinque punte, quale segno distintivo dei corpi armati designati, in tempo di guerra, con propri reparti mobilitati alla difesa del Paese.
In tempo di pace il Corpo pur non avendo ancora lo stato giuridico militare, fu sottoposto alla giurisdizione militare e a un regime disciplinare in gran parte mutuato da quello vigente per l’Esercito, il cui regolamento di disciplina militare fu esteso con Legge del 12 luglio 1908.
L’integrazione tra le Forze Armate dello Stato, sebbene con compiti di concorso, si completa con la concessione della Bandiera di Guerra (R.D. 2 giugno 1911 e legge 24 dicembre 1914).
In tale veste, significativa è la partecipazione alle operazioni belliche dei due conflitti mondiali».
LA REGIA GUARDIA DI FINANZA NELLA I GUERRA MONDIALE
«Nel luglio del 1912 il Corpo di Stato Maggiore varò il “Progetto di ordinamento di Guerra della R. Guardia di Finanza”.
Tale piano prevedeva l’istituzione di quattro battaglioni “di frontiera” costituiti nei circoli alpestri con personale in servizio preparato ad affrontare le asperità in quota da impiegare nelle zone montane; quattordici battaglioni “costieri” composti con elementi provenienti da circoli interni o richiamati dai civili da impiegare lungo le coste; alcune compagnie autonome reclutate tra il personale dei distaccamenti di confine da aggregare ai reparti dell’esercito con compiti esplorativi e informativi, in tutto un organico di circa 12.000 uomini di cui 270 ufficiali.
La forza rimanente, integrata dai richiamati alle armi, circa 11.000 uomini, avrebbe dovuto assicurare l’esecuzione dei servizi d’istituto all’interno del paese e lungo le frontiere non coinvolte in operazioni belliche. Nel 1913 il progetto fu definitivamente approvato e pubblicato prevedendo anche l’impiego del naviglio minore in dotazione al Corpo.
In caso di guerra, così come già enunciato, i finanzieri mobilitati del ramo “terra” sarebbero stati posti alle dirette dipendenze del Regio Esercito mentre quelli del ramo “mare” –unitamente alle unità navali- sarebbero passati agli ordini della Regia Marina.
In previsione dell’entrata in guerra l’esercito, per incrementare gli organici con altre unità che consentissero la formazione di nuovi reparti, alla fine di novembre del 1914 chiese al Corpo di fornire con immediatezza gli organici stabiliti. Il Comando Generale aderì alla richiesta e i cinque Reggimenti, formati da quattordici battaglioni, furono posti alle dipendenze dei Comandi di Armata.
In seguito la dotazione fu integrata con altri quattro battaglioni e le diciotto unità furono così distribuite: sette sulla linea dell’Isonzo e undici nelle montagne del Trentino, Carnia e Cadore. È da evidenziare che solo cinque dei diciotto battaglioni mobilitati, disponevano di una sezione mitragliatrici.
C’è da dire che l’addestramento militare delle truppe e degli ufficiali della finanza non era ottimale e mostrava elementi di debolezza. I militari di truppa acquisivano le nozioni di base presso gli istituti d’istruzione solo nel breve periodo di frequenza dei corsi. Era più alto il livello di preparazione degli ufficiali inferiori formati presso l’Accademia militare di Caserta (1909/1914) i cui corsi di arte militare erano curati dal Maggiore Euclide Turba (palermitano, caduto nel novembre 1917 a Caporetto e decorato con medaglia d’oro al valor militare).
Gli ufficiali superiori, pur possedendo un’ottima cultura giuridico/professionale e una solida esperienza di comando, non avevano seguito percorsi formativi o esperienze concernenti la condotta di truppe in battaglia. I vertici dell’Esercito decisero, quindi di impiegare i reparti del corpo a livello di battaglione e compagnia frammentando così gli organici e impedendo i raccordi degli stessi con le grandi unità. E’ bene evidenziare che rispetto agli omologhi reparti dell’esercito il corpo era sprovvisto di salmerie, di equipaggiamenti di montagna e aveva pochissime sezioni mitragliatrici.
La costituzione dei battaglioni e la mobilitazione avvennero presso la maggiori città dell’Italia settentrionale (Torino, Genova, Milano, Bologna, Ancona e Verona) e dell’Italia meridionale (Roma, Napoli, Maddaloni, Bari, Reggio Calabria, Messina, Siracusa, Agrigento e Palermo).
Il 5 maggio del 1915, dopo una breve preparazione di circa venti giorni durante i quali si cercò d’inquadrare e istruire come meglio si potevano gli uomini dei vari reparti, cercando di creare affiatamento, coesione e compattezza propri delle unità combattenti. Cominciò quindi l’invio dei finanzieri verso i territori dove si sarebbero potuti aprire i vari fronti: Trentino, Carnia e Carso.
Completata l’operazione di trasferimento delle truppe verso i confini, il 22 maggio, il governo proclamò la mobilitazione generale e consegnò all’ambasciatore austriaco in Italia la dichiarazione di guerra.
Secondo la ricostruzione storica, all’imbrunire del giorno successivo, a Brazzano, sul torrente Judrio, i Finanzieri Costantino dell’Acqua e Pietro Carta spararono i primi colpi di fucile per mettere in fuga una pattuglia di austriaci che tentava di far saltare il ponte da loro vigilato. Questo episodio, di fatto, sancì per l’Italia l’inizio delle ostilità.
Il primo vero scontro con le forze nemiche fu sostenuto, sulla linea di confine, dai reparti delle Legioni di Milano e Venezia, ivi già dislocati.
I Battaglioni mobilitati del Corpo furono inviati in Val di Ledro, nella Carnia e presso il fronte del Basso Isonzo. Il primo reparto a ricevere il “battesimo del fuoco” fu il XVII Battaglione, impegnato nell’occupazione dell’abitato di “Ala”, in Val Lagarina. Pochi giorni dopo altri scontri seguirono sul Monte Croce Carnico, sul Pal Piccolo e sul Pal Grande. Proprio sul Pal Piccolo morì il Maggiore Giovanni Macchi (medaglia d’argento al valor militare), di Novara di Sicilia, durante un violento scontro con gli austriaci.
Seguì il dispiegamento degli altri battaglioni lungo la linea difensiva e si succedettero scontri e battaglie, ripiegamenti e avanzate fino al sopraggiungere dell’inverno che segnò un periodo di stasi, caratterizzato da brevi conflitti locali, validi per la tenuta delle posizioni.
Una ben più dura battaglia attendeva ancora i nostri militari, il freddo dei mesi invernali trascorsi in trincee e camminamenti alle alte quote, la fame per mancanza di rifornimenti, l’inadeguatezza degli equipaggiamenti e le valanghe furono un nemico più temibile degli stessi austriaci e provocarono centinaia di morti.
La sopraffazione della 35ª divisione in Val d’Astico (maggio 1916) diede adito all’accusa, diretta a uno dei battaglioni della Regia guardia di finanza, di aver provocato lo sfondamento del fronte. Ciò determinò lo scioglimento di nove battaglioni mobilitati e l’ordine di impiegare i rimanenti reparti solo in compiti di polizia di sicurezza e militare. Chiarito l’operato del battaglione incriminato, nell’estate del 1917, l’ordine di smobilitazione fu revocato.
La guerra divenuta ormai “di posizione”, si protrasse così, con fasi alterne, fino all’ottobre del 1917, momento in cui l’esercito nemico con il fondamentale aiuto delle armate germaniche, sfondò il fronte del Medio Isonzo e costrinse l’Esercito Italiano e i battaglioni della Finanza a ripiegare per costituire una nuova linea di “fronte” (disfatta di Caporetto). Tra novembre e dicembre il VII, l’VIII ed il XX battaglione contribuirono a bloccare l’avanzata austriaca ed a salvare Venezia dall’occupazione.
È il giorno 21 giugno del 1918 quando il VII Battaglione, agli ordini del Maggiore Zaza, mostra per intero il proprio valore. Posizionato sulla sponda destra del Piave Vecchio (Sile), tra Molino Comello e Salsi nei pressi di Cavazuccherina, il reparto partecipa validamente, nonostante il tiro incessante delle artiglierie austriache, a un assalto rapidissimo che consente al contingente di costituire una “testa di ponte” sull’opposta riva del fiume. I Finanzieri occupano oltre un chilometro di trincee austriache catturando 136 prigionieri, due cannoni, mitragliatrici e altro materiale bellico. Ciò consente alle truppe che affiancavamo (fanti, bersaglieri e marinai) di intraprendere un’azione offensiva che, in seguito, porterà l’Italia verso la vittoria e la fine della guerra, che sarà ottenuta con la battaglia di Vittorio Veneto, combattuta tra il 24 ottobre e il 4 novembre 1918.
L’azione sul Piave Vecchio, fu premiata con la concessione al reparto di una medaglia di bronzo al valor militare, fatto raro tanto che, in seguito, si decise di far cadere il 21 giugno di ogni anno la data della festa del Corpo.
L’apporto della Guardia di finanza nel conflitto non può essere valutato esclusivamente per il contributo dato dai reparti impiegati al fronte, ma anche per l’opera svolta a favore dell’economia del paese.
In quel frangente, i reparti territoriali continuarono a svolgere comunque attività di contrasto preventivo e repressivo di fenomenologie criminali, quali il contrabbando, le frodi, il falso nummario etc… Lo scopo era di: reperire risorse, non perdere quelle proprie acquisite e indebolire quelle dell’avversario. Venne attuata, parallelamente, una guerra economica che si concretizzava con la vigilanza e il controllo: in materia valutaria, del commercio di materiali strategici, del razionamento di generi vari e del contingentamento per l’industria bellica. Si intervenne anche nella repressione degli indebiti arricchimenti (sovraprofitti di guerra) e dei crimini tributari. L’esperienza acquisita in quel periodo, prima limitata ai soli compiti di vigilanza doganale e daziaria, delineò l’importanza di creare, per far fronte agli specifici incombenti, uno speciale contingente denominato di polizia tributaria investigativa con un organico adeguato all’impiego in questi nuovi settori.
Quella finora rappresentata è la narrazione delle operazioni belliche condotte, quasi un piacevole racconto, ma dietro a questi eventi si nasconde una grande tragedia umana, la perdita di migliaia di vite umane e la menomazione, più o meno grave, di altrettanti soggetti.
Su quasi sei milioni di uomini mobilitati, i militari deceduti furono circa 650 mila, a questi sono da aggiungere altre centinaia di migliaia di feriti tra civili e militari.
Il contributo di vite umane versate dal Corpo nel conflitto è stato di 2.392 caduti, 2.600 feriti e 500 mutilati. I Finanzieri siciliani morti in Patria e nei territori d’oltremare si aggirano attorno alle 360 unità.
Agli appartenenti alla Guardia di finanza furono conferite 142 Medaglie d’argento, 273 di bronzo, 224 Croci di guerra al valor militare. Per finire 208 promozioni per merito di guerra e 25 medaglie al valor militare di stati alleati».
Note:
(1) Giuseppe Longo 2024, La Guardia di Finanza, da due secoli e mezzo al servizio del Paese, Giornale del Mediterraneo, 27 dicembre.
(2) Marco Severini, Storia della Guardia di Finanza in Italia 1774-2024, Millesettecentonovantasette Edizioni, 2024.
(3) CURRICULUM VITAE DEL S.TEN. (c.a.) MICHELE NIGRO. Sottotenente in congedo della Guardia di Finanza, vive a Palermo, nel corso della carriera ha ricoperto incarichi operativi vari a Trieste, presso i locali Comandi della ex 13ª Legione e Regionale Sicilia.
Nel corso dell’anno 2019 è stato insignito del titolo di “Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana”.
Riveste, in atto, la carica di Sindaco della Sezione A.N.F.I. (Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia) di Palermo ed è socio della Sezione ANMI cittadina.
Ha pubblicato, sul sito interno della Guardia di Finanza e sulle riviste del Corpo “Il Finanziere e Fiamme Gialle”, vari articoli sulla costituzione e sviluppo di alcuni reparti con sede a Palermo e sull’attività della Finanza, in particolare in Sicilia, nei vari periodi storici.
Sulla rivista dell’ANMI (Associazione Nazionale Marinai d’Italia) ha recentemente pubblicato la biografia di un marinaio, poi transitato nei ruoli della Regia guardia di finanza, e le peripezie da questi affrontate nel corso della II Guerra Mondiale.
È stato curatore e organizzatore di diverse mostre inerenti la Guardia di Finanza, tra le quali: “Le operazioni di soccorso della Guardia di Finanza nella Valle del Belice, gennaio 1968”; “La caserma Cangialosi, 160 anni con la divisa e 64 in grigio verde”; “La Guardia di Finanza dall’Unità d’Italia alla Repubblica”; “Evoluzione storica della Caserma Cangialosi dai primi del ‘900 ad oggi” ed altre di diverso carattere, quali: “La Sicilia dei Russi”, “L’anima dei Corpi”, “Il filo della memoria, dalla Grande Guerra alla Resistenza”, “1915/1918 -Isola delle Femmine non dimentica”,, “Mariannina Coffa Caruso 2.0 Resurrection” e “Pace e Sicurezza. Le missioni militari di pace italiane all’estero”.
Tra le pubblicazioni ricordiamo: “Sulle tracce dei russi in Sicilia. Cronache ed itinerari dei viaggiatori russi dal ‘700 al ‘900”, “La Sicilia dei Russi”, “La Resistenza e i Siciliani”.
Ha collaborato, quale consulente storico, con gli autori di alcuni libri tra i quali “Duecento anni di Fiamme Gialle all’ombra dell’Etna”, “1943 – Il martirio di un’Isola” e, per ultimo, “Le Fiamme Gialle nella Caserma M.O.V.M. Giuseppe Gangialosi”.
Ha curato i testi del volume “La mia vita, le mie battaglie” e “Un segugio a caccia di bionde” di Leonardo Gentile.
Ha pubblicato articoli, sempre a carattere storico-militare, su alcuni quotidiani locali e su giornali on line.
Possiede una significativa collezione fotografica e documentale sulla Guardia di Finanza e svariate foto su altri corpi armati italiani e stranieri riferibili al loro impiego nei due Conflitti Mondiali.
Dal Consolato Russo per la Sicilia e Calabria, ha ricevuto due diversi riconoscimenti; il primo per il contributo fornito al consolidamento dei legami del Sud Italia e la Russia ed il secondo per la consulenza storica sui rapporti e le relazioni intercorse nel tempo tra quel paese e la Sicilia.
Da parte dell’Associazione culturale “Suggestioni Mediterranee” ha ricevuto il premio “Siciliani di Pregio”.
Bibliografia e sitografia:
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Laria Sante, Le Fiamme Gialle d’Italia nei fasti di guerra e patriottismo italiano 1915 – 1930, Comando Generale della Regia Guardia di Finanza, Milano, Luigi Alfiere Editore, 1930.
Laria Sante, I fasti militari dei Finanzieri d’Italia 1800 – 1870, Comando Generale della Regia Guardia di Finanza, Milano-Roma, Luigi Alfiere Editore, 1937.
Laria Sante, Le Fiamme Gialle nella monarchia dei Savoia 1774 – 1821, Comando Generale della Regia Guardia di Finanza, Milano-Roma, Luigi Alfiere Editore, 1937.
Poveromo Michele, I nostri morti nella guerra 1940 – 1943,Udine, Arti grafiche friulane,1949.
Fioravanzo Giuseppe, Fiamme Gialle sul mare. Storia del naviglio della Guardia di Finanza durante il conflitto 1940 – 1945, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, Comando Generale della Guardia di Finanza, 1955.
Oliva Giuliano, I Corpi di Finanza del Regno delle due Sicilie, Museo storico della Guardia di Finanza, Roma 1986.
Meccariello Pierpaolo, La Guardia di Finanza nella Seconda Guerra Mondiale, Roma, Museo Storico della Guardia di Finanza, 1992.
Meccariello Pierpaolo, Finanza di mare, dalle scorridore ai pattugliatori, Roma, Editalia, 1994.
Autore anonimo, La Guardia di Finanza dalle origini ad oggi, Roma, Editalia SPA, 2003.
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Ales Stefano, Dalla Guardia Doganale alla Regia Guardia di Finanza, Roma, Ente Editoriale per il Corpo della Guardia di Finanza, 2011.
Ravaioli Marcello, La Guardia di Finanza nella Grande Guerra 1915- 1918, Roma, Ente Editoriale del Corpo, 2015.
Giuseppe Longo 2015, 241° anniversario della fondazione del Corpo della Guardia di Finanza, Cefalunews, 22 giugno.
Pubblicazioni:
Calendario storico della Guardia di Finanza anno 2024, edito dall’Ente Editoriale per il Corpo della Guardia di Finanza in Roma, testi di Paolo Mieli.
Foto di copertina:
Finanzieri della Legione truppe leggere nella battaglia di Authion contro i francesi del generale Massena 6 – 12 giugno 1793.
Foto a corredo dell’articolo:
I finanzieri alle barricate durante le 5 giornate di Milano 18 – 23 giugno 1848.
Le cartoline illustrate, a corredo del testo, fanno parte della collezione privata dell’autore della ricerca storica.
Giuseppe Longo