Palermo – Uno spettacolo che non ti aspetti di vedere quello andato in scena sabato pomeriggio al Teatro Biondo. La star del cartellone si chiama Carolyn Carlson, statunitense, considerata tra le più grandi coreografe del mondo; ma c’erano altre stelle, meno note ancora, gli studenti, a rischiarare il firmamento del palco tenendo letteralmente incollati gli spettatori che hanno vissuto una esperienza inusuale. Altre stelle nell’ordine: Arabella Scalisi, Valeria Zampardi, danzatrici ed il musicista Gianni Gebbia, assistenti alla coreografia Patrizia Veneziano, Carlomauro Maggiore ma anche il traduttore, di cui non ricordo il nome, che ha permesso al pubblico di comprendere i messaggi che la coreografa ha inviato durante tutto il tempo spiegando ogni movimento di quella che viene considerata una “movenza poetica”.
Ventidue tra ragazzi e ragazze allievi della “Scuola di recitazione e professioni della scena” del Teatro Biondo di Palermo hanno portato in scena, sotto la guida della coreografa, un saggio delle loro lezioni ma riadattato, anzi, forse il termine più corretto è interpretato per un pubblico attento e partecipativo. Hanno interpretato momenti della realtà quotidiana che tocca da vicino ogni essere umano nell’esprimere emozioni e stati d’ansia ma anche di interpretarli in maniera diversa a seconda del bagaglio esperenziale e della sensibilità che ognuno di noi ogni giorno esprime, inconsapevolmente. Movenze rallentate, movimenti a comando, sono tutti attimi creativi che la mente elabora, interpreta e successivamente manifesta offrendo agli spettatori un caleidoscopio di inaspettate situazioni sceniche. Interpretare la creatività è alla base della filosofia professionale della Carlson che durante il momento partecipativo, quando alla fine dello spettacolo ha invitato il pubblico ad interagire con chi stava sul palco. Così sono state molte le domande rivolte alla coreografa che ha coinvolto anche gli studenti. La Carlson rispondendo ad una domanda: “di solito non scelgo tra chi è più bravo ma tra coloro che riescono meglio di altri ad esprimere la creatività”.
Lo spettacolo. Grande merito considerando gli elementi ostativi che lo hanno caratterizzato: preparazione in cinque giorni, la Carlson comunicava, cosa che è avvenuta anche in scena, grazie ad un suo collaboratore che traduceva dall’inglese all’italiano ma, particolare ancora più importante riguarda ciò che è stato realizzato viene dalle proposte degli studenti. Come afferma la coreografa :”chi possiede creatività non ha problemi ad esprimerla” ed è quello che è avvenuto sabato pomeriggio.
Creatività. Un gruppo di ragazzi, nel buio più totale, tenta di non farsi raggiungere da un cerchio illuminato che si sposta veloce sul pavimento del palco. Chi lo evita chi gli salta olrepassandolo, ognuno fa’ quanto può per non farsi raggiungere da quella cosa che non conosce e che lo terrorizza. Solo alla fine, quando l’esperienza allontana la paura e scoperto che è innocuo, ci saltano dentro circondandolo tenendosi per mano. Per me, spettatore che non possiede alcun bagaglio di conoscenze artistiche del settore, l’accostamento di questo momento con l’uomo preistorico che costruiva la propria realtà giorno per giorno, è stato istantaneo. Ed oggi, nonostante siamo bombardati di conoscenza viviamo l’istante con la stessa paura dell’ignoto dei nostri antenati. Ed è proprio questa paura che ci impedisce di manifestare la creatività che abbiamo. Paura e conformismo sono identici. Liberarci da queste “gabbie culturali” permetterà alla nostra personalità di emergere. Questo è “Talento artistico” dove il termine artistico è adeguato solo al contesto di questo articolo.
Tonino Pitarresi