Palermo – “Rosario Livatino è stato un giovane magistrato che nel corso della sua breve vita ha saputo fronteggiare la “Stidda”, il malaffare intrecciato con l’attività mafiosa e con certa politica compiacente. La sua morte e la sua successiva beatificazione permangono nella nostra memoria come segno indelebile di un impegno civile, di un esempio che dobbiamo marchiare a fuoco nella nostra mente, in quanto quell’impegno civile e quell’esempio rappresentano la libertà di svolgere il proprio lavoro senza condizionamenti e ammiccamenti nei confronti del potere mafioso e di chi lo sorregge nell’ombra. Camminava senza scorta, il ‘giudice ragazzino’, nella consapevolezza del rischio che correva, ma nella consapevolezza inossidabile di servire lo Stato al quale si era votato come custode delle leggi. Un senso dell’etica e del dovere pagato col sangue, che tuttavia travalica ogni retorica per stagliarsi come messaggio per i giovani e monito per i trasgressori di quelle leggi difese a dispregio della propria, giovane vita”. Lo dichiara Raoul Russo, senatore e membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.