Greenpeace Italia: «a pagare devono essere le aziende petrolifere come Eni e non le persone»
Roma – In relazione al nuovo studio scientifico del gruppo di ricerca World Weather Attribution, che mette in correlazione la grave siccità in corso in Sicilia e in Sardegna con il cambiamento climatico di origine antropica che ne ha aumentato le probabilità del 50%, Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia, commenta:
«La carenza idrica che da mesi sta mettendo in ginocchio le due principali isole italiane è una drammatica conseguenza della crisi climatica. A pagare il prezzo della siccità estrema in Sardegna e in Sicilia – amplificata da un uso inefficiente delle risorse idriche e da infrastrutture inadeguate – sono le persone che subiscono razionamenti di acqua, gli ecosistemi naturali e persino interi settori produttivi come l’agricoltura e il turismo. Danni gravissimi di cui si dovrebbe invece chiedere conto alle aziende del petrolio e del gas, come ENI, che con le loro emissioni di gas serra sono i principali responsabili della crisi climatica».
Gli sconvolgimenti climatici causati dalla nostra dipendenza da petrolio, gas e carbone sono destinati a peggiorare se non metteremo al più presto fine allo sfruttamento delle fonti fossili. Eppure, ricorda Greenpeace, mentre la Sicilia soffre e diventa sempre più arida, a pochi chilometri dalle sue coste ENI ha appena avviato la produzione di gas fossile nel giacimento Argo Cassiopea. L’impianto ha ricevuto il via libera e il plauso del governo Meloni che, al di là dei proclami, non intende far nulla per le Regioni italiane più colpite dalla siccità e dagli altri eventi climatici estremi.
Per l’organizzazione ambientalista le aziende del settore fossile devono assumersi la responsabilità per la crisi climatica e pagarne le conseguenze, anche in tribunale. Per questo motivo dodici cittadine e cittadini, Greenpeace Italia e ReCommon hanno avviato “La Giusta Causa”, una causa legale nei confronti di ENI, per i danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici a cui l’azienda ha contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, continuando a sfruttare gas e petrolio pur conoscendo da tempo gli effetti di queste attività sul clima del pianeta.