Cefalù (Pa) – La bilancia. Simbolo della legge. Carisma della giustizia. Dimensione del “giusto”, del “dare a Cesare ciò che è di Cesare”. Baluardo della civile convivenza. Senso del diritto, della libertà individuale. Scienza della legalità. Norma del “buon vivere”. Surrogato pubblico della coscienza privata. Norma inderogabile della vita civile.
Prestigioso ambito che mio cugino Nicola, il Dr. Nicola Miceli, Magistrato d’eccezione, ha scelto ed al quale ha uniformato tutto il suo prestigioso iter vitale.
Un codice esistenziale, insomma, il suo, esclusivo, improntato ai più sani principi. Il nietzschiano “nus”. Il “karma” della dottrina di Freud. La “substantia” del pensiero di Fromm. L’ “animus” della teorica di Jung. L’ “essenza” della sensibilità di Kafka. A non voler scomodare anche l’ “umanità” della monade nel concetto filosofico di Fichte che, per altri versi, quasi una coincidentia oppositorum, non ammetteva la possibilità di una realtà al di fuori dei nostri limiti conoscitivi.
Un codice, che per chi lo applica, rappresenta un sacerdozio. Un’etica. Uno stile.
Purtroppo l’indiscussa “bilancia cosmica” del “fato” (sentenzierebbero gli epicurei), fato la cui immutabile iconicità, onnipresente ed irreversibile, assimilata alla cosiddetta “spada di Damocle” che, impietosa e crudele, ci sovrasta e condiziona, perfida mannaia di cui la natura ci ha vessati, ha scoccato l’infallibile suo dardo ed ha tolto il Nostro all’affetto dei suoi cari, degli amici e di quanti l’hanno stimato in vita e che continuano, anche adesso che non è più, ad apprezzarne le qualità morali ed il suo riconosciuto retto “modus operandi” speso nel dispiegamento della sua operosità civica, familiare e di Giudice.
Il 15 Luglio 2024, alle ore 18, infatti, Nicola Miceli, dopo una malattia che l’ha travagliato negli ultimi anni, resa meno gravosa e più cristianamente accettabile dall’affetto partecipe della famiglia e dalle particolari cure prodigategli dal figlio Emanuele, se n’è andato, così, alla chetichella, quasi a non voler disturbare alcuno, con l’abituale sua semplicità e misura che hanno sempre contrassegnato il suo carattere e nello spirito delle quali doti è sempre vissuto.
Era un uomo buono, tranquillo, discreto, cordiale, amante della natura e degli animali. Sapeva affrontare i negativi risvolti del vivere senza perdersi d’animo. Era, in buona sostanza un uomo “campos sui”. Avrebbe, forse, desiderato di potersi in qualche modo identificare, per naturale simbiosi, all’archetipo dell’ “agricola pius”, entità più consona alla sua mentalità ed al suo carattere essenzialmente arcadico.
Ora che dire di più di Nicola oltre quello che già mi sono trovato sommariamente ad annotare, se non disegnare un breve excursus nella sua vita lavorativa?
Laureato a pieni voti e vincitore di concorso in magistratura, iniziò la sua carriera a Milano e, successivamente, a Monza.
Poi, dopo alcuni anni di permanenza in loco, per motivi familiari, ottenne il trasferimento in Sicilia, a Mistretta.
Ora, poiché la moglie, Sig.ra Matilde Coco, Insegnante e sensibile artista nonché esperta nell’uso del telaio e incline all’ideazione ed al confezionamento dei suoi pregevoli manufatti, aveva accettato la cattedra di “disegno professionale applicato al tessuto, in un secondo tempo assurto nella denominazione a progettazione“ presso l’Istituto Statale d’Arte di S. Cataldo, Egli stabilì quivi la sua residenza, facendo giornalmente la spola per e da Mistretta.
San Cataldo gli consentiva altresì, quando gli era possibile, di raggiungere anche Cefalù dove viveva la propria anziana madre assistita da una badante.
Un iter molto affaticante il suo, ma che lui accettava con piena dedizione ai suoi affetti più cari: famiglia e genitrice.
Successivamente, quando la moglie ottenne il trasferimento al Liceo artistico “Diego Bianca Amato” di Cefalù, Nicola Miceli elesse definitivamente la sua residenza a Cefalù nella casa avita di sua madre, alleviando di gran lunga i suoi stress per i ripetuti spostamenti precedenti.
Da Mistretta, infine, raggiunta l’età confacente, andò in pensione con il grado di Consigliere di Cassazione.
Personalità scevra per natura da ambizioni che condizionassero la sua dimensione lavorativa; lucido nelle sue sentenze, sereno nelle sue decisioni, cordiale nei rapporti umani con qualsiasi persona si trovasse a parlare, condusse quasi sempre una vita ritirata dedita alla famiglia ed al lavoro.
Se n’è andato un galantuomo, un uomo che non si avvalse mai della sua posizione sociale per ottenere alcunché nella sfera civile in cui si trovò a vivere.
Personalmente, oltre che un familiare, ho perso anche un Amico; un Amico che si aggiunge alla folta schiera di quegli altri che oggi non sono più e che mi hanno onorato della loro preziosa amistà trasmettendomi il formativo indelebile ricordo della loro essenza al quale spesso mi appiglio.
Qui, mi si consenta l’analessi atteso che quasi sempre in consimili occasioni lo faccio (e non è un vezzo), tengo a nominarne alcuni con la dedizione con cui in chiesa si è soliti affidare al sacerdote officiante il nome dei propri cari trapassati con la speranza di una loro ulteriore redenzione (e chi ha perso una persona cara o un Amico può capirmi): l’Avv. Giovanni Vazzana, il B.ne Angelo Agnello ed il fratello Giovanni, i germani Notai Giovanni e Samuele Cassata, il Dr. Rosario Ilardo, il Comm. Umberto Harrison, il Dr. Giuseppe Ferrara, il Dr. Cosimo Miceli.
Personaggi eletti difficilmente ripetibili!
Un patrimonio morale, il loro, fulgido esempio di cultura, di schiettezza e di sincerità, lascito ermeneutico e guida, che a tutt’oggi non si disperde e che rimane valido sostegno nelle difficoltà del mio incerto cammino.
Giuseppe Maggiore