Lucca – Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in ricordo di alcuni tragici episodi che riguardarono la provincia Palermo, impressi nella memoria collettiva, la morte del panettiere Giuseppe Tesauro e del custode del garage Pietro Cannizzaro, avvenuta la notte del 29 giugno 1963, nota anche come la strage di Villabate, la strage di Ciaculli, 30 giugno 1963, nota per essere il primo atto compiuto contro le forze dell’ordine da parte delle cosche ed episodio conclusivo della cosiddetta “prima guerra di mafia”, e l’assassinio del brigadiere Antonino Burrafato verificatosi nel pomeriggio del 29 giugno del 1982, commemora attraverso di due giovani studenti, Carla Le Rose e Gabriele Scilimpa della classe III sezione C, liceo scientifico Filolao di Crotone, le vicende e i fatti dell’epoca.
“Negli anni 60 la faida palermitana aveva come metodo di vendetta l’utilizzo di autobombe. Sono anni in cui a distanza di un solo giorno accaddero due gravi episodi: la strage di Villabate, la notte del 29 giugno 1963, in cui un’autobomba indirizzata al boss mafioso Giovanni Di Pieri provocò la morte di due cittadini onesti, Giuseppe Tesauro e Pietro Cannizzaro, e la strage di Ciaculli, 30 giugno 1963, in cui, a causa di un ordigno esplosivo nascosto in un’Alfa Romeo Giulietta, morirono sette fedeli servitori dello Stato: il tenente dei carabinieri Mario Malausa, il maresciallo di P.S. Silvio Corrao, il maresciallo dei CC Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio, il soldato Giorgio Ciacci. Entrambi i fatti sconvolsero l’opinione pubblica.
Giuseppe Tesauro, 41 anni e padre di 4 figli, lavorava in un panificio a Villabate, in provincia di Palermo. Durante le notti estive, nell’attesa che il forno raggiungesse la temperatura ideale, usciva fuori per respirare un po’ d’aria fresca. La notte del 29 giugno 1963, a circa 50 metri, del fumo proveniente da un’automobile cattura l’attenzione di Giuseppe e di un altro panettiere Giuseppe Castello. L’auto era parcheggiata di fronte a un garage chiamato “gatto verde”, dunque Tesauro andò ad avvertire il proprietario, Pietro Cannizzaro. I due cercarono di spegnere le fiamme ma appena si avvicinarono per aprire la portiera, questa scoppiò poiché piena di tritolo. Tesauro e Cannizzaro morirono sul colpo, mentre Castello rimase ferito.
In 40 anni nessun ricordo, nessuna chiamata ai familiari, tutto dimenticato, tutto nella totale indifferenza di un paese, di una provincia, di una regione, dell’Italia che forse vuole dimenticare, ma non si può dimenticare la criminalità organizzata, che ogni giorno toglie la vita a persone innocenti.
L’ iniziativa proposta dal CNDDU e portata avanti da noi studenti del Liceo Scientifico Filolao vuole ricordare ogni singola vittima per continuare con determinazione, in cerca di verità, di giustizia, a diffondere tra i giovani i valori della legalità e spronare le nuove generazioni a costruire una società più equa e soprattutto libera dalla corruzione e violenza.”
“Antonino Burrafato è stato un poliziotto italiano, vice-brigadiere in servizio presso la Casa Circondariale dei Cavallacci di Termini Imerese; morì il 29 Giugno 1982 mentre si stava recando presso il penitenziario. L’omicidio fu la vendetta di un boss, Leoluca Bagarella, detenuto nel penitenziario, che inviò un commando di 4 uomini armati solo di armi corte, ovvero delle pistole, che lo ferirono gravemente; infatti poco dopo morì all’ospedale Cimino di Termini Imerese. Il boss volle vendicarsi perché non gli era stato concesso di recarsi al funerale del padre, un affronto imperdonabile. Le indagini durarono a lungo e si conclusero solo quando un killer facente parte del commando si pentì e confessò l’omicidio. La commemorazione di Antonino Burrafato è vitale perché pur sapendo i rischi che correva a sfidare la mafia, non si sporcò mai le mani e la coscienza scegliendo di rispettare la legge, onorare il suo posto di lavoro e di rimanere fedele al giuramento fatto nel momento in cui era entrato a far parte delle forze dell’ordine. Dunque il 29 Giugno 1982 venne a mancare un uomo onesto, che deve essere un esempio da ammirare in quanto non ci pensò due volte a mettere a repentaglio la sua vita per lottare contro l’illegalità.”
Prendendo spunto dalle commoventi parole scritte da alcuni famigliari è giusto ricordare tutte le vittime innocenti, con pari dignità, prestando particolare attenzione proprio a chi per vari motivi non è stato adeguatamente ricordato. Oggi più che mai le parole dei giovani studenti del Filolao di Crotone non lasciano cadere nell’oblio collettivo chi ha perso la vita senza motivo alcuno. Una lezione di umanità e di rispetto per tutti. Parte proprio dalla scuola oggi un segnale importante per tutti coloro che hanno sofferto per la perdita dei propri cari.
Il Coordinamento Nazionale di Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende ricordare le vittime e il loro sacrificio come viatico per un approccio diverso alla conoscenza della mafia, oggi fenomeno sempre più mutante e pervasivo nelle istituzioni della società civile. “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità”.
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU