Bagheria (Pa) – Non parliamo di un film o di un giallo ma di fatti veri che spesso superano la fantasia di un film o di un libro. Per fortuna la storia finisce bene e l’imputato viene assolto per non avere commesso il fatto. Occorrono tre anni di processo per cercare la verità, fra testimoni, identificazioni fotografiche e ricognizioni in aula.
E’ la amara storia in cui si era imbattuto processualmente un ragazzo di 30 anni, accusato erroneamente di violenza sessuale tentata.
La vicenda ha avuto inizio da una denuncia da parte di una ragazza di Bagheria contro un soggetto ignoto per essere stata “molestata” mentre passeggiava, lo stesso a bordo di una bici con certe caratteristiche l’avrebbe molestata prima mostrando i genitale e poi cercando di palpeggiarle il sedere.
Dopo due mesi dall’evento la ragazza, invitata in Caserma, riconosceva erroneamente il presunto molestatore del giovane imputato fra una decina di foto segnaletiche di diversi soggetti con tratti simili a quelli da lei descritti.
Intanto, inizia il lungo calvario di una persona che sà di essere innocente ma che per la legge italiano risulta imputato con l’onta di essersi macchiato di un gravissimo reato. Ma, grazia alla convinzione e alla tenacia dell’avvocato Rosa Mineo del Foro di Palermo si riesce a far luce attraverso la evidenziazione di particolari importanti e rilevanti che in effetti il soggetto accusato era stato erroneamente identificato e confuso con un altro ragazzo con caratteristiche somatiche simili al ragazzo oggi assolto. Si è potuti risalire all’ altra identità grazie anche all’ analisi dei profili social individuando un elemento particolare identificato che è stato determinante nel porre nel dubbio l’identità del reo effettivo. Certo la legge deve punire chi commette questi tipi di reato ma è necessario che si approfondiscano i fatti onde evitare che per errore innocenti vengano ingiustamente condannati.
Avvocato Aurelio D’Amico