Lucca – Il Photolux, World Press Photo, Exhibition 2023, dal 25 novembre al 17 dicembre, allestito presso il Palazzo Ducale, costituisce un appuntamento imperdibile non solo per gli appassionati del settore, ma anche per tutti coloro che vogliano rimanere informati rispetto alle trasformazioni politiche, antropologiche, sociali e culturali della nostra realtà. Le immagini disposte in ordine per settori tematici ci parlano di libertà di stampa negata, di guerra, di cambiamenti climatici indotti dalle attività umane, di povertà, di emarginazione, di violenza, ma anche di speranza e futuro grazie alle nuove conquiste tecnologiche o alle sperimentazioni scientifiche.
Lo sguardo, a volte poetico, a volte crudo, dei reporter più interessanti del nuovo millennio osserva, registra e coglie diverse sfaccettature di un pianeta complesso, caotico, spietato, difficile da decifrare, eppure pulsante, ancora incontrovertibilmente vivo.
Immagini eloquenti e brutali di corpi segnati, addirittura dalla compravendita degli organi, catturano l’attenzione dei visitatori suscitando indignazione, condanna morale. In una società ancora opulenta, difficile immaginare per quanto altro tempo ancora, gli scatti con i volti di chi piange i propri morti in Ucraina e in Palestina ricorda in modo bruciante quanto tutto sia precario, come la sorte di ciascuno di noi possa essere sovvertita improvvisamente da interessi di natura economica o giochi di potere perversi.
Spesso un click fotografico costa la vita di chi si presta come soggetto o di chi denuncia attraverso i propri scatti le barbarie di un mondo che tanto civilizzato non è. Fra le tante immagini, Ahamad Halabisaz cattura lo sguardo malinconico e determinato di una ragazza iraniana in posa senza hijab in un luogo pubblico a Teheran. Sullo sfondo una “selva” di donne completamente coperte, mute e voltate di spalle: l’essenza del silenzio cui è condannato il genere femminile quando viene privato di tutti i diritti, compreso quello di esistere.
Ad Alessandro Cinque, fotoreporter italiano, appartiene l’immagine della locandina del Festival: un’allevatrice peruviana con un piccolo alpaca in braccio si erge su una roccia, mentre nel cielo ingombro di nubi si apre uno spiraglio di sole. È un invito alla speranza per una specie che rischia l’estinzione a causa dell’intervento umano.
Le fotografie testimoniano e accusano fondendo insieme etica ed estetica, imponendoci di ricordare: “homo sum, humani nihil a me alienum puto”.
Romano Pesavento