Palermo – Spettabile redazione di Report,
con riferimento alla Vostra puntata del 26/11/2023 sulla dottoressa Nunzia Albano, al di là della polemica in sé, vorremmo replicare, a proposito della vicenda Giuliano e sulla questione “banditismo-mafia”, che certamente Giuliano è stato un assassino e un delinquente (un “bandito”, appunto), ma non fu un mafioso. Il banditismo siciliano degli anni ‘40 era figlio della fame nera che c’era in Sicilia a causa della guerra (cui le istituzioni non sapevano dare risposta) e infatti oggi non esiste più, non così si può dire della mafia che ha continuato a esistere (peraltro con la connivenza e la benevolenza di pezzi dello Stato). Confondere banditismo e mafia, infatti, non aiuta a capire come mai in una prima fase la mafia guardi quasi con favore a Giuliano, mentre alla fine lo consegnerà ai carabinieri. Se proprio dobbiamo dirla tutta, lo Stato Italiano non fa affatto una bella figura in questa brutta storia: l’ispettore generale di Pubblica Sicurezza Ciro Verdiani (tra l’altro con un passato fascista come capo dell’OVRA nella Jugoslavia occupata) e il colonnello dei Carabinieri Ugo Luca, che si servono della mafia per controllare il bandito Salvatore Giuliano, non danno proprio un esempio edificante, semmai mostrano tutta la fragilità delle forze dell’ordine italiane dell’epoca, ma oggi molte cose sono cambiate rispetto ad allora e bisogna provare a guardare in modo più distaccato a quei fatti, nonostante ancora non proprio tutti i tasselli siano stati messi al proprio posto.
Lungi dal voler tratteggiare il bandito Giuliano come un “Robin Hood” siciliano (questa nomea aveva una sua ragion d’essere in una Sicilia poverissima e affamata come quella del 1943-45 che del potere italiano conosceva esclusivamente la componente repressiva, nulla più), Giuliano fu vittima essenzialmente del destino e di sé stesso: il 2 settembre 1943 fu fermato e identificato da due carabinieri ad un posto di blocco e scoperto a portare del grano al mercato nero (unica fonte di sopravvivenza all’epoca). Giuliano sapeva benissimo che i carabinieri avrebbero portato loro stessi quel grano al mercato nero e non volle consegnarlo, ne nacque un conflitto a fuoco in cui morì il carabiniere Antonio Mancino e rimasero feriti l’appuntato Renato Rocchi e lo stesso Giuliano, che trovò poi riparo, come raccontate, dal boss Domenico Albano. Giuliano avrebbe dovuto cedere a quel sopruso e avrebbe avuto una vita tranquilla, ma la sua indole non glielo permise e da quel momento su di lui fu emessa una condanna a morte che sarebbe stata eseguita il 5 luglio 1950, in circostanze ancora non note e non senza che nel frattempo si producessero molti morti, soprattutto tra carabinieri e polizia.
Andando adesso alla strage per cui tutti oggi lo ricordano, quella di Portella della Ginestra, voglio far presente che gli atti del processo di Viterbo (che pure conoscete, perché li citate nella trasmissione) nei fatti scagionano Giuliano (dalle testimonianze dei presenti che videro i lampi provenire dalla montagna opposta, ai bossoli ritrovati che erano incompatibili con quelli delle armi in dotazione alla banda Giuliano, alla gittata delle armi di Giuliano troppo corta per coprire la distanza tra dove la banda era appostata a dove si trovava la folla, all’impossibilità materiale di sparare tutti quei proiettili con quelle armi in così poco tempo… Oltre alla logica: perché sparare a persone che erano suoi parenti e amici e ne coprivano la latitanza?). Lo condannano contro tutte le evidenze emerse in fase dibattimentale, contro ogni logica. È evidentemente una sentenza politica, per punirlo di tutta la lunga scia di sangue che da quel lontano 2 settembre 1943 Giuliano avrebbe lasciato dietro di sé. Uno studio molto approfondito e dettagliato su quella strage è stato condotto da Maurizio Castagna nel suo libro “Montelepre Caput Mundi”, di cui Vi consigliamo vivamente la lettura.
Non per scagionare l’assassino Salvatore Giuliano (perché, in ultima analisi, questo fu Giuliano), ma perché continuare ad attribuirgli anche questo misfatto non consente di pervenire alla verità storica, verità che andrebbe indagata, perché potrebbero emergere fatti molto inquietanti sulla nascita della Repubblica Italiana, fatti che resteranno per sempre sepolti se si continuerà ad attribuire questo delitto ad un colpevole di comodo come Giuliano.
Confidando in un Vostro riscontro, Vi porgiamo i nostri più cordiali saluti.
Siciliani Liberi
Segreteria Nazionale
Sito web: www.sicilianiliberi.org