Monreale (PA) – Omelia di S. E. Mons. Gualtiero Isacchi, Arcivescovo di Monreale, nella celebrazione Eucaristica di commemorazione del Capitano Mario D’Aleo, dell’Appuntato Giuseppe Bommarito e il Carabiniere Pietro Morici.
«Commemoriamo quest’oggi il giorno funesto dell’attentato, avvenuto a Palermo esattamente 40 anni fa, in cui perse la vita l’amato e stimato Capitano Mario D’Aleo con i due straordinari suoi colleghi che lo accompagnavano, l’Appuntato Giuseppe Bommarito e il Carabiniere Pietro Morici.
Saluto le autorità ed in particolare il Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, il Generale Luzzi, sua Eccellenza il Prefetto la dott.ssa Cucinotta, il signor Commissario dello Stato il dott. Portelli, il signor Sindaco della città di Monreale dott. Arcidiacono e tutte le autorità militari e civili presenti e qui rappresentate. Un particolare saluto colmo di affetto e gratitudine ai familiari dei militari che oggi ricordiamo e per i quali preghiamo.
Il nostro non è un semplice “ricordare per non dimenticare”. Non intendiamo questa giornata celebrativa come il ricordo di un grave fatto accaduto; non è soltanto un far risuonare le storie di uomini stimati e amati, che sono state strappati violentemente dai nostri affetti. Abbiamo scelto, piuttosto, di ricordare questi caduti celebrando l’eucaristia: il grande memoriale della morte e risurrezione di Gesù che non limita il ricordo a ciò che è accaduto, ma apre alla possibilità – come dicevo nella celebrazione della solennità del Corpus Domini – di cogliere nei fatti del passato, semi di vita nuova che devono guidare i nostri passi nell’oggi, nell’impegno personale e comunitario, per la costruzione di un futuro dove «giustizia e pace si baceranno» (Sal 85,11).
L’eucaristia è appunto un fare memoria. Al suo centro vi è il ricordo di una morte ingiusta: quella di Gesù di Nazareth. Si tratta di uno di quei fatti che non vorresti mai sentire narrare: un uomo buono, amato dalla gente, la cui vita era completamente a servizio degli altri, con particolare attenzione ai deboli ed agli emarginati, suo unico intento era il ristabilire la giustizia di Dio, ma poi è stato, ingiustamente, ucciso con atroce supplizio.
Gentilissime autorità, fratelli e sorelle, le parole che ho detto riferendole a Gesù, non vi pare si possano ripetere attribuendole anche ai militari che oggi commemoriamo? Del Capitano D’Aleo mi è stata raccontata anche l’apprezzata passione educativa che, attraverso lo sport, esprimeva nei confronti dei giovani spesso considerati “irrecuperabili”.
Questi uomini, nell’esercizio del loro servizio, per il bene comune, sono stati immagine dell’amore di Dio; profezia di un mondo nuovo in cui il valore autentico della vita lo cogli e lo esprimi quando diventa dono per gli altri.
La celebrazione eucaristica non è una memoria nostalgica che rimane ancorata ai tempi passati, ma una memoria profetica, che non chiude nel passato, ma orienta verso il futuro. È questo il modo di “ricordare” che dovrebbe sempre caratterizzare noi cristiani: custodire la memoria e farne radice viva, feconda, cioè capace di portare un frutto che, da un lato, rappresenta il compimento di ciò che si è vissuto e, dall’altro, costituisce un nuovo inizio.
È questo ciò a cui la Parola di Dio, la celebrazione della santa messa ed anche la commemorazione dei tre militari, ci invitano: fare di ciò che celebriamo e ricordiamo la radice profonda per continuare ad operare per un mondo migliore, nell’attesa di quei cieli nuovi e terra nuova che Gesù ci ha promessi (cf 2Pt 3,13).
Che cosa raccogliere, dunque, da questa celebrazione e dalla testimonianza di questi uomini, servitori dello Stato e della società civile?
Nel tentativo di rispondere a questa domanda, vorrei consegnare a tutti noi tre parole che raccolgo dalla nostra celebrazione e che lascio alla meditazione di ciascuno di noi. Mi pare siano parole che illuminano di luce nuova anche la testimonianza del Capitano D’Aleo, dell’Appuntato Bommarito e del Carabiniere Morici ma che, soprattutto ci indica una via su cui scrivere il nostro prossimo futuro.
1. La prima la raccolgo da ciò che scriveva in un suo discorso Sant’Antonio di Padova, dottore della Chiesa di cui oggi celebriamo la memoria liturgica. Così scriveva: «Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere».
2. La seconda parola la raccolgo dalla prima lettura che abbiamo ascoltato. San Paolo scrivendo la sua seconda lettera alla Chiesa di Corinto: «Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è “sì” e “no”. Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu “sì” e “no”, ma in lui vi fu il “sì”».
3. Infine dal Vangelo (Mt 5,13-16) vorrei raccogliere questa parola: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente».
Ecco allora le tre parole che mi pare possano illuminare questa nostra celebrazione e guidare le nostre scelte future:
«Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere»;
«in lui vi fu il “sì”»;
«voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente»
I militari che oggi ricordiamo sono stati sale della terra: come il sale si sono sciolti nell’adempimento del loro servizio, dando così sapore al contesto umano, famigliare, sociale, lavorativo in cui si trovavano. Anche grazie a loro oggi, tutti noi, siamo più capaci di sperare in un futuro migliore. Hanno fatto della loro vita un “sì” rendendo le loro opere più eloquenti delle loro parole.
È questo lo stile di vita a cui la Parola di Dio oggi chiama ciascuno di noi nel suo proprio stato di vita.
Mentre preghiamo per il Capitano D’Aleo e i carabinieri Bommarito e Morici perché possano godere della ricompensa promessa da Dio a tutti gli operatori di giustizia, chiediamo, per intercessione di Maria Santissima, la Virgo Fidelis, il dono della disponibilità di cuore per accogliere queste tre parole e continuare a collaborare sempre più efficacemente all’edificazione del Regno di Dio che è giustizia, pace e misericordia.
Amen».
Ph.
Giuseppe Longo