Cefalù (Pa) – Ippocrate giurava su Apollo, su Asclepio e su quant’altri di compiere con scienza e coscienza il proprio dovere di medico, cercando di alleviare i problemi patologici di quanti a lui ricorrevano.
Com’è notorio ed al di là di ogni possibile lucro, questo padre della medicina stigmatizzava tutte le norme fondamentali a cui il medico deve attenersi nel ragionamento e nella pratica assumendo la consapevolezza di compiere un’opera utile, nobile e santa.
Il Dr. Giuseppe Ferrara, che purtroppo oggi non è più, per quel che mi risulta ha costantemente tenuto a mente l’insegnamento dell’antesignano di cui sopra, sia per indole, sia per principio, sia per onestà intellettuale, in ciò favorito da una fede cristiana mai obsoleta.
Varie volte, infatti, mi è capitato di scorgerlo nei giorni festivi mentre si recava in chiesa al braccio della moglie, misurato e composto; inoltre, ho avuto contezza della sua fede da cert’altri eterogenei conversari che sono intercosi fra noi nel tempo.
Dal che sono propenso a ritenere con certezza che, gestendo la sua quotidiana professione, Egli s’ispirasse ai sacrali dogmi dell’imperante cattolica religione.
Certo, avere la fede, una fede sincera ed adamantina, scevra da qualsiasi remora di collaterale opportunismo, è una gran cosa. Aiuta in tutte le situazioni dell’esistenza. In quelle difficili, soprattutto. E’ innegabile.
Un uomo tranquillo, insomma, il Nostro; sofista, se vogliamo definirlo così. Un carattere placido, il suo, essenzialmente ragionatore. Io l’ho sempre definito (e gliene accennavo provocando il suo modo bonario di sorridere, quasi a schermirsene) un oculato filosofo adepto della sofistica presocratica.
Buono e comprensivo. Coltissimo.
Intraprendere con lui un dialogo, richiedergli un qualsivoglia parere su un disturbo che mi assillasse, o su un qualsivoglia fatto d’attualità, sia esso stato di politica, di letteratura, di teatro, di cinema o di quant’altro, significava invariabilmente (e ciò grazie ai nostri amichevoli rapporti) imbarcarci in una doviziosa certosina trattazione che confluiva costantemente in una miriade di altre argomentazioni per poi da questi straripare in tutt’altri campi dello scibile da cui venivano fuori curiosità che ero ben lungi dall’immaginare e dal conoscere.
Se mi è consentito accoppiare il suo sapere ad un significativo vocabolo delucidativo, per la mia modesta cultura era enciclopedico.
Non vorrei risultare prosopopeico, ma molte originali cose io le ho imparate da lui.
Aveva il gusto del particolare, il nostro Dr. Ferrara, dell’inusitato, dell’obsoleto.
Le sue conoscenze spaziavano al di là del sapere comune. Era edotto perfettamente sugli usi e sui costumi degli arabi, aveva notizia del modo di comportarsi degli indiani, degli inglesi, delle tribù nomadi del Caucaso, conosceva la medicina dei primitivi, il loro modo empirico di curarsi ed i costumi di tanti popoli, la storia delle nazioni, i benefici dei legumi, le proprietà dell’aglio, della cipolla, tanto per focalizzare alcuni argomenti, indubbiamente i più disparati.
E tutto questo eloquio, più che di presenza, fluiva preferibilmente durante le nostre interminabili periodiche telefonate.
Quasi sempre, quando veniva a casa, richiesto per qualche nostra particolare urgenza, non mancava mai di passare in rassegna i miei libri che straripavano da quasi tutte le scansìe destando, per il mio disordine, l’estrema disapprovazione di mia moglie.
Mi si conceda l’analessi: era coltissimo. Un uomo che aveva ben capito l’ubi consistam dell’esistenza.
Di lui, parafrasando una celebre frase dello Spinoza, posso ben dire “… neque irasci, neque admirari, sed intelligere …” (non arrabbiarsi, non stupirsi, ma comprendere).
Probo, sincero, padre di famiglia, cortese nel tratto, competente nella sua professione, ligio al suo ruolo, modesto.
E poi una personalità faceta, umoristica, cordiale, la sua.
Ricordo quando una volta venne a casa a visitare mia figlia Lia che accusava non ricordo più che disturbi; trovatala più alta di lui e dovendo arrivare a controllarne più agevolmente la gola, le disse, sornione: “… Quà, cara signorina, i casi sono due: o lei si pone in ginocchio od io debbo necessariamente salire su una sedia per poterla visitare …”
Certo qualcuno potrebbe insinuare che io ne dico tanto perché ho avuto il piacere e la fortuna di averlo come medico di base ed amico dopo la venuta a mancare di mio padre.
Vivo mio padre, in quanto medico pure lui, tutta la salute della mia famiglia era affidata di diritto e di fatto al genitore; ed io, si può ben dire, dormivo “fra due guanciali”. Ma quando venn’egli a mancare, come accennavo, dal punto di vista esclusivamente sanitario per possibili esigenze mi sono sentito come a camminare da solo nel deserto del Sahara senza un’ombra di direzione.
Da qui la mia buona sorte di aver incontrato il Dr. Ferrara, che sopperì degnamente e totalmente al ferale deficit occorsomi.
Ma allo stesso modo in cui mi trovo a parlarne qui io, molto addolorato per la sua scomparsa, a tesserne le dovute lodi sono certo che possano disquisirne tutti quanti lo conoscevano.
Il Dr. Giuseppe Ferrara, senz’ombra di dubbio, era veramente così, come ho tentato di descriverlo. Non ho detto niente su di lui che non si meritasse; e per me la sua morte, avvenuta il 22 Maggio 2023, al mattino, guarda caso proprio nel giorno stesso del suo novantaquattresimo compleanno, oltre a farmi perdere un validissimo medico mi ha fatto perdere un fratello maggiore, un grande amico.
Un lampante esempio di professionalità, la sua!
Si potrebbe da taluno obbiettare che la sua ragguardevole età gli aveva consentito di godersi per lungo tempo gli affetti familiari ed i buoni frutti della vita, rispetto ai tanti che non raggiungono nemmeno i cinquant’anni; ma certe figure morali, intrise di saggezza e di buon gusto, di umanità, di professionalità e di senso del dovere, non si vorrebbe mai perderle, ancorché centenarie, perché rappresentano il tassello che anima e sostiene la buona società. Tutto qui.
Purtroppo la morte, calvario imprescindibile dell’umana natura, non fà distinzione e con la sua improvvida falce miete dovunque ella voglia e si ritrovi.
Oggi che, fatte le debite eccezioni, in certo qual modo il cattivo gusto trionfa (lo notiamo nella moda, nell’architettura, nella musica, nella pittura, nella danza, nel cinema, in letteratura e negli altri campi), oggi che ci troviamo di fronte ad un progressivo svilimento morale (indice di decadenza e di pressapochismo), oggi in cui la sanità pubblica è diventata (come ebbe a ben proferire il religioso che tessé l’omelia funebre alla salma) azienda con i suoi risvolti che più che a rivelarsi a beneficio del paziente rispecchiano una organizzazione commerciale che naufraga nei meandri della burocratica gestione, oggi in cui la giustizia appare un po’ una chimera a causa della ripetuta burocrazia, che, come ebbe a formulare scherzosamente un vecchio saggio pedagògo, si risolve in “…un voler rendere difficili le cose facili attraverso l’inutile …”, oggi una personalità come quella del compianto Dr. Giuseppe Ferrara (che Dio l’abbia in gloria!) sembra un mito, un prezioso reperto archeologico, un fulgido esempio da rimpiangere e da cercare di imitare.
Non so che altro aggiungere per esaltarne la figura di uomo, di padre, di medico e di Amico.
Oltre a tutti i suoi cari, ho perso anch’io una persona sincera su cui riversavo tutta la mia stima.
Formulo, assieme alla mia famiglia tutta, le mie più sentite condoglianze alla moglie Nunzia, alla figlia Prof.ssa Francesca, al figlio Dr. Domenico, al genero Dr. Giovanni Lo Bianco, alla sorella dello scomparso ed a quant’altri abbiano nutrito familiare affetto per lui.
Giuseppe Maggiore