Catania – Con 10 milioni di passeggeri nel 2022, l’aeroporto di Catania, un vero City Airport come solo Linate a Milano, è di gran lunga il primo scalo aeroportuale della sicilia. Gestito, come Palermo e Trapani da una società per azioni con soci pubblici, la SAC. Che negli ultimi vent’anni (2002-2022) dota l’aeroporto di una aerostazione completamente nuova.
Con le casse stracolme di denaro derivante dal traffico passeggeri triplicato, è più semplice elargire incarichi da decine di migliaia di euro agli amici, senza alcuna gara, come regolarmente svelato dalla testata online catanese Sud Press, il cui direttore si diverte a leggere i verbali del CdA.
Siciliani Liberi è una forza politica matura e concreta interessata a svelare ai siciliani cosa comporta l’assenza di un’unica società pubblica regionale.
Come Palermo cancella di fatto l’aeroporto di Trapani, Catania fa’ ancora di più con Comiso: che in brevissimo tempo è divenuto una minaccia. Catania, che nei due scorsi decenni ha già dato due presidenti della Regione eletti direttamente, chiede e ottiene la società di gestione dello scalo Ragusano. Il perché lo spiega un Siciliano Libero di quel territorio: “Aspettando la storia dell’aeroporto di Comiso, che nel 2014 era vicino al mezzo milione di passeggeri l’anno, e il comodissimo Malta Comiso, molto usato soprattutto da residenti in provincia di Ragusa, di Gela e della provincia di Siracusa, era stato dirottato a favore di un Catania Malta, molto più costoso per consumi di carburanti, con la grave contraddizione della fruibilità prevalente di passeggeri Iblei. Ce ne sarebbero tantissime da dire, e finché noi Siciliani non vediamo che il prezzo della nostra povertà è la mancanza di carattere con le istituzioni nazionali, ci ruberemo sempre tra di noi, per creare solo ingiustizie, diseguaglianze e divisioni all’interno della nostra Amata Terra”.
I territori di Ragusa, Siracusa e Gela-Caltanissetta nella Seconda Repubblica (1992-2022) sono privi di uomini politici di peso: Catania vi impone quindi il suo dominio. Assorbito e neutralizzato il pericoloso aeroporto di Comiso, CTA pensa di avere davanti a sé un futuro roseo, che gli consenta di superare i 10 milioni e 200mila passeggeri del 2019.
Ma le poche famiglie che gestiscono Catania, e pure il suo aeroporto, si sbagliano profondamente. Costruito dal governo fascista nel 1924, con una chiara proiezione militare, l’aeroporto non può espandersi oltre, limitato geograficamente dall’area periurbana in cui sorge, oltre che dal mare. Inoltre, le frequenti eruzioni vulcaniche dell’Etna ne determinano spesso la chiusura, con lo spostamento improvviso dei voli a Palermo e a Comiso. Oltretutto buona parte dell’impetuosa crescita è stata dovuta, come a PMO, dallo spostamento dei traffici turistici nazionali e in parte internazionali dal Nordafrica e dal Medio Oriente sulla Sicilia dopo i tragici fatti della Tunisia del 2015.
Con l’inflazione ormai fuori controllo in tutta Europa, e con la crisi finanziaria apertasi il 10 marzo con il fallimento delle prime due banche in America, il traffico aereo da e verso CTA potrebbe sgonfiarsi ancor più rapidamente di quanto accaduto con la rapida crescita registrata fra il 2009 e il 2019 (l’anno record). Infine, sono e saranno di ostacolo alla crescita di CTA le politiche antiafricane e antiorientali di Roma.
Nel 1924, i geopolitici italiani che fanno costruire il primo aeroporto in Sicilia sapevano benissimo che la Sicilia è la porta sull’Africa e sull’Oriente, in particolare sul Medio Oriente. Oggi, con la guerra ormai in corso sul Mar Nero, Roma è costretta dai suoi padroni a tagliare i ponti con tutti i grandi Paesi orientali, inclusa la Turchia. Che su CTA non casualmente fa atterrare da molti anni i suoi aerei civili, spesso semi-vuoti. Atterrano inoltre a Catania gli aerei di una delle compagnie di Stato degli Emirati Arabi, dove ormai vivono e lavorano decine di migliaia di siciliani in fuga dalla loro terra. A riprova di quale potrebbe essere lo sviluppo della Sicilia, ripartono spesso con prodotti agricoli, artigianali e anche industriali di alcune aziende siciliane ben informate. Se atterrassero in sicurezza a Comiso, senza l’incognita cenere vulcanica e senza l’intasamento della piccola aerostazione di Fontanarossa, potrebbero caricarne molte di più proprio lì dove si producono.
Anche per questo, la Regione Siciliana dovrebbe chiudere immediatamente piccole società di gestione aeroportuali nelle mani di quelle che un grande meridionalista chiamava “cacicchi”, ovvero i piccoli imprenditori locali del turismo, del commercio, avvocati, commercialisti, e capibastone politici, per creare un’unica società interamente della Regione: Aeroporti di Sicilia.
Ma per fare questo occorre una classe dirigente completamente nuova: capace, libera e leale. Come quella che Siciliani Liberi lavora per formare ogni giorno. A partire dalla sua Scuola di Formazione Politica.
Ciro Lomonte