Opera in un atto (cinque quadri) di Fiorenzo Carpi, con finale di Alessandro Solbiati
libretto di Giorgio Strehler
Spoleto – Il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto è lieto di offrire al proprio pubblico la prima rappresentazione assoluta della Porta divisoria, tassello molto significativo e suggestivo del complesso mosaico della musica d’arte italiana degli anni cinquanta. È una pagina di teatro musicale di Fiorenzo Carpi su libretto di Giorgio Strehler, che era stata commissionata nel 1957 da Victor De Sabata, all’epoca direttore artistico della Scala, per essere rappresentata alla Piccola Scala, ma che non andò mai in scena a causa della sua incompiutezza. Il compositore aveva infatti lasciato incompiuto il 5° dei cinque quadri in cui l’opera, ispirata a La metamorfosi di Franz Kafka, è strutturata. Il quadro mancante è stato composto da Alessandro Solbiati su commissione del Lirico Sperimentale. Nel redigere il proprio contributo, il compositore lombardo non ha assecondato la lettera ma lo spirito del manoscritto di Carpi, conservato nell’archivio del Piccolo Teatro di Milano. A Matteo Giuliani, il Lirico Sperimentale ha affidato invece la riduzione per ensemble dell’organico originario (una sessantina di esecutori) che Carpi aveva immaginato per la Piccola Scala.
Enrico Girardi
Quell’ultimo buio
Note di composizione del Quinto Quadro
di Alessandro Solbiati
Molti sono gli aspetti che mi hanno condotto ad accettare la sfida molto particolare propostami da Enrico Girardi: quella di completare l’opera rimasta lungamente incompiuta La porta divisoria di Fiorenzo Carpi, componendone il quinto conclusivo quadro. Innanzitutto, la storia stessa dell’opera: pur essendo commissione del Teatro alla Scala fatta da un direttore artistico del calibro di Victor De Sabata, Fiorenzo Carpi per tre volte la lasciò programmare, nell’arco di quindici anni, e per altrettante volte non la completò, arrestandosi sul limitare del quadro finale. Una sorta di mistero. Inoltre, confesso che, ignorando fin qui la produzione “classica” di Carpi (di cui certo conosco la produzione per la televisione e per il teatro), temevo di trovarmi di fronte ad una musica un po’ “leggera”, in cui non avrei potuto certo inserirmi con coerenza; ed invece mi sono trovato di fronte a una partitura complessa, del tutto “aggiornata” agli anni ’50 in cui è stata composta, timbricamente assai ricca. A condurmi ad affrontare la prova vi sono poi anche sia il nome blasonato del librettista, Giorgio Strehler, sia l’argomento, il noto racconto di Kafka verso il quale ho sempre provato simultaneamente attrazione ed orrore. Ma come comportarsi, compositivamente? Non potevo certo comporre “nello stile di Carpi”, non avrebbe avuto senso alcuno. Ma al contempo sarebbe stata necessaria almeno un po’ di coerenza: fortunatamente il “linguaggio” stesso “parlato” da Carpi mi è venuto incontro, evitandomi vistosi salti. Ho deciso dunque di essere del tutto “me stesso”, concentrandomi completamente sull’arco narrativo amaro, inquietante ed ironico al tempo stesso, e “portando a me” il testo di Strehler, che però ho parzialmente rivisitato, eliminando alcune formule che appaiono datate, un poco prolisse e più adatte ad un “teatro di parola” cui Strehler era certo più avvezzo, che non al teatro musicale, soprattutto di oggi (e penso che questo sia stato il problema per Carpi stesso). Il mio Quinto Quadro da una parte permetterà così di mettere in scena un lavoro che vale davvero la pena di ascoltare, ma dall’altra costituirà una scena lirica autonoma e con un proprio titolo che entrerà inaspettatamente a far parte del mio personale catalogo di lavori scenici, complice la sua indiscutibile autonomia narrativa.
Note di composizione e trascrizione di Matteo Giuliani
Il lavoro sulle bozze de La Porta Divisoria si dipana su piani differenti, rispecchiando la disomogenea completezza della scrittura originale. Dei quattro quadri (sui cinque previsti oltre all’introduzione) di cui Carpi lascia indicazioni musicali, i primi tre sono sostanzialmente completi, mentre del quarto è nota soltanto una bozza incompleta ed estremamente approssimativa. Per i primi tre quadri, dunque, il lavoro necessario è sostanzialmente di trascrizione (peraltro per un organico strumentale più ridotto e non sempre compatibile con quello originale), mentre nel Quarto Quadro diventa preponderante un’opera più propriamente compositiva, particolarmente complessa poiché sottoposta a forti vincoli (non solo genericamente stilistici ma incardinati, ove questa sia presente, sulla bozza originale di Carpi)”.
Note di direzione di Marco Angius
La partitura de La porta divisoria di Carpi è un lavoro di teatro musicale che riesce a coniugare le tendenze dell’avanguardia post-weberniana con la musica concreta e il rumorismo sperimentale. La vocalità fa largamente ricorso a inflessioni parlate, a una recitazione intonata che declama i testi con tinte espressioniste, acide quanto visionarie. Forse l’esser rimasta incompiuta può riservare un’ulteriore sorpresa: quella di lasciar aperte innumerevoli soluzioni di finali possibili.
Note di regìa di Giorgio Bongiovanni
La porta divisoria è distillato puro di teatralità, una piccola pietra preziosa in cui si fondono e brillano, in perfetta armonia, Letteratura, Teatro e Musica. L’Arte di Strehler e la Musica di Carpi sfruttano a pieno la potenza tragicomica del capolavoro di Kafka per raccontare in pochi leggeri tratti le ridicole debolezze di una umanità che si serra dietro una porta, incapace di accettare il prossimo, il diverso, il vicino. Commedia e tragedia, sghignazzo e pianto, insieme: come nella vita.