Monselice (PD) – Dalla Fondazione Giorgio Cini al Castello di Monselice: il ritorno di tre opere. Grazie a un accordo di deposito tra la Regione del Veneto e la Fondazione Giorgio Cini, le opere trafugate nel 1979 e recuperate dai Carabinieri tornano nella splendida sede scelta per loro da Vittorio Cini, il Castello di Monselice.
«Tornano finalmente a casa tre opere trafugate nel 1978 dal Castello di Monselice, di proprietà della Regione del Veneto e appartenuto a Vittorio Cini, uno dei maggiori collezionisti italiani attivi tra le due guerre mondiali e nel secondo dopoguerra. Giovedì 16 giugno 2022 alle ore 11.00 si terrà la cerimonia ufficiale di consegna delle tre opere recuperate grazie alle indagini del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia tra il 2001 e il 2015 e restituite alla Fondazione Giorgio Cini, proprietaria del Castello al momento del furto. Le opere sono: un’Adorazione dei pastori cinquecentesca di artista padano (Cremona?) dell’ultimo quarto del XVI secolo; un San Luca Evangelista seicentesco attribuito a Pietro Bellotti, entrambi dipinti su tavola, e un bassorilievo ligneo policromo con l’Adorazione del Bambino di scuola lombarda del Quattrocento.
Alla cerimonia interverranno: Francesco Calzavara, Assessore alla Programmazione, Attuazione programma, Rapporti con il Consiglio Regionale, Bilancio e patrimonio, Affari generali, EE.LL. Regione del Veneto; Francesca Scatto, Presidente della Sesta commissione consiliare permanente (Politiche per l’istruzione, la formazione ed il lavoro; politiche per la ricerca; politiche per la cultura, il turismo e lo sport) Consiglio Regionale del Veneto; Cristiano Corazzari, Assessore al Territorio, Cultura, Sicurezza, Flussi migratori, Caccia e pesca Regione del Veneto, Giorgia Bedin, Sindaco di Monselice; Aldo Rozzi Marin, Amministratore Unico della Marco Polo Srl; Renata Codello, Segretario Generale Fondazione Giorgio Cini; Christian Costantini, Comandante Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia; Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte Fondazione Giorgio Cini.
L’evento è parte delle attività congiunte tra Fondazione Giorgio Cini e Regione del Veneto per la valorizzazione della ricchissima raccolta d’arte di Vittorio Cini, oggi in larga parte custodite tra il Castello di Monselice, l’Isola di San Giorgio Maggiore e la Galleria di Palazzo Cini».
Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
Info:
Ph. Artista padano (Cremona ?) dell’ultimo quarto del XVI secolo, Adorazione dei pastori, olio su tavola. Venezia, Fondazione Giorgio Cini
Descrizione delle opere
Ritorno a Monselice. Opere della Fondazione Giorgio Cini recuperate dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia
Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre del 1979 un atto criminoso colpì il Castello di Monselice e le sue ricche collezioni d’arte: più di una quarantina di opere – 5 sculture, 10 dipinti, 14 arredi, 12 ceramiche – furono trafugate e immesse nei torbidi traffici del mercato illecito. Veniva così violato e impoverito uno dei luoghi simbolo del colto e raffinato collezionismo del conte Vittorio Cini (Ferrara, 1885 – Venezia, 1977), imprenditore e mecenate tra i più grandi collezionisti d’arte antica del secolo scorso, che alla metà degli anni Trenta aveva fatto restaurare il Castello, arricchendolo con centinaia di opere d’arte e affidando gli acquisti e l’allestimento al conterraneo Nino Barbantini (Ferrara, 1884 – Venezia, 1952), per farne una dimora di delizia. Donato dal conte nel 1972 alla Fondazione Giorgio Cini, il Castello fu da questa ceduto nel 1981 alla Regione del Veneto, che ne dispose l’apertura al pubblico, consentendone il pieno godimento e la valorizzazione. Grazie all’attività investigativa del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, tre delle opere trafugate nel 1979, due dipinti su tavola e un bassorilievo ligneo policromo, sono state recuperate tra 2001 e 2015 e restituite alla Fondazione Giorgio Cini, proprietaria del Castello e della collezione al momento del furto. Un accordo tra la Regione del Veneto e la Fondazione Giorgio Cini ha permesso alle opere recuperate dai Carabinieri di tornare nella loro splendida dimora monselicese, per la quale Vittorio Cini le aveva selezionate. Un atto di temporanea ‘restituzione’, che si qualifica come ideale risarcimento simbolico e materiale della ferita occorsa più di trent’anni fa; e che ha il duplice obiettivo di consentire la piena fruizione di opere solitamente non inserite nei percorsi di esposizione nella propria sede veneziana, e di far conoscere e mettere in luce il prezioso lavoro che il Nucleo veneziano dell’Arma dei Carabinieri svolge con continuità e rigore sul fronte della salvaguardia e tutela del patrimonio culturale.
Le Opere
Scultore lombardo del XV secolo, Adorazione del Bambino, 1470 -1480 ca., bassorilievo in legno policromo e dorato
Ritrovato sul mercato antiquariale inglese nel 1998, grazie alle indagini del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, il bassorilievo fu restituito alla Fondazione nel novembre 2001. L’opera, nata per la devozione domestica e con ancora una parte della sua originaria policromia, è convincente rappresentazione, ricca di dettagli, dell’iconografia della visione narrata nelle Revelationes Coelestes della santa trecentesca Brigida da Svezia. Sono proprio i particolari minuti – l’intreccio di vimini della capanna, le capocchie degli alberelli stondati, la città merlata, dove una sola delle torri conserva ancora la pittura che simula i conci di pietra – a dichiarare la cultura lombarda del rilievo, come ha precisato per primo Giorgio Fossaluzza, che lo ha accostato alle botteghe dei fratelli Donati e del milanese Giacomo del Maino. Ad un artista di poco precedente sembra riferirsi quella sintesi espressiva di echi tardogotici, evidenti nei panneggi, e adesione alla cultura antiquaria rinascimentale, espressa dalla cornice all’antica, intagliata nel medesimo blocco della scena e ornata nei montanti da candelabre. Allo stesso Giacomo del Maino e al figlio Giovanni Angelo, Fossaluzza ricondusse un altro bassorilievo policromo della collezione Cini, tra le opere trafugate dal Castello di Monselice nel 1979 e mai ritrovato.
Artista padano (Cremona ?) dell’ultimo quarto del XVI secolo, Adorazione dei pastori, olio su tavola
Riconosciuta presso la Casa d’Aste Wannenes di Genova come una delle opere trafugate dal Castello di Monselice del dicembre del 1979 e sequestrata nel 2013, la tavola è stata sottoposta a dissequestro e restituita nel gennaio 2015. L’opera, dagli effetti caricati di controluce che l’ambientazione notturna al chiarore lunare rende particolarmente suggestiva, dichiara un linguaggio legato al manierismo padano intorno all’ottavo e nono decennio del XVI secolo. Il richiamo alle composizioni dei fratelli Campi, in particolare ad Antonio e alla sua Adorazione del Santuario di Santa Maria della Croce a Crema (1575-1580), ambientata al lume notturno, potrebbe far propendere per una collocazione cremonese; un pittore dunque che conosce le opere distillate dei Campi e del manierismo padano (con echi che vanno da Correggio a Procaccini), calato in una parlata rusticana, forse con la mediazione di stampe nordiche.
Pietro Bellotti (Salò, 1625 – Venezia, 1700), San Luca Evangelista, settimo decennio del XVII secolo, olio su tavola
Riconosciuto nel 2011 presso la casa d’aste Artcurial di Parigi e già venduto ad un privato al momento della scoperta, il dipinto fu restituito nel luglio del 2014. La tavola rappresenta l’Evangelista Luca nel suo studiolo, assorto e intento a comporre il Vangelo; circondato dagli strumenti dello scriptorium, – penna spuntata, calamaio, clessidra, l’orologio, il lume – il santo è accompagnato dal toro, emblema legato alla visione del tetramorfo del profeta Ezechiele e alla visione dei quattro esseri viventi dell’Apocalisse. Ritenuto da Nicola Ivanoff di anonimo seicentesco, probabile derivazione da un prototipo perduto del francese Georges de La Tour, fu attribuito da Giuseppe Fiocco e Rodolfo Pallucchini a Pietro Bellotti, l’artista lombardo di formazione veneziana noto per il naturalismo oltranzista, per i celebri ritratti di genere e l’impietosa rappresentazione della vecchiaia, qui evidente nella resa lenticolare delle rughe del santo. L’attribuzione è stata confermata da Luciano Anelli, che lo ritiene realizzato poco dopo il soggiorno francese, ipotizzato nel 1660-1661, confermando la derivazione da La Tour. La firma apocrifa “Rembrandt”, che appare sul leggio, evoca esempi olandesi cui il pittore si sarebbe potuto ispirare, come certi santi a mezza figura del caravaggesco di Utrecht Jan van Bijlert.
Giuseppe Longo