Roma – Veglia di preghiera – Basilica di San Marco – Roma 14 maggio.
«Carissimi Fratelli e Sorelle
La canonizzazione di Maria di Gesù Santocanale ci offre l’occasione per meditare sulla vocazione universale alla santità, che deve riguardare ciascuno di noi.
Papa Francesco nella Esortazione Apostolica “Gaudete et Exultate” ci ha detto che i santi non sono solo «quelli già beatificati e canonizzati», ma il «popolo» di Dio, cioè ognuno di noi, che può vivere la santità come un itinerario fatto di «piccoli gesti» quotidiani: «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente – scrive il Papa -. Nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante». È questa la «santità della porta accanto».
La santità va cercata nella vita ordinaria e tra le persone a noi vicine, non in modelli ideali, astratti o sovrumani. Aveva ragione Madre Teresa quando a una giornalista che le chiese a bruciapelo cosa si provava ad essere acclamata santa da tutto il mondo, rispose: “La santità non è un lusso, è una necessità”.
Tutti siamo chiamati alla santità perché essa è alla portata di tutti, fa parte della normalità della vita cristiana.
I santi fanno la storia vera anche della nostra chiesa di Monreale e delle altre Chiese di Sicilia. Domani ai santi già canonizzati originari dalla nostra Arcidiocesi di Monreale: san Leoluca e San Bernardo da Corleone verrà aggiunta da Papa Francesco la beata Maria di Gesù Santocanale fondatrice delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes, che è vissuta a Cinisi.
Abbiamo inoltre la beata Pina Suriano, i venerabili arcivescovi mons. Antonio Augusto Intreccialagli e Mercurio Maria Teresi e vari presbiteri fra i quali il venerabile mons. Giovanni Bacile. E poi varie fondatrici di istituti di vita consacrata le serve di Dio: Maria Teresa di Gesù Cortimiglia; Maria Rosa Zangara, Carmela Prestigiacomo e Suor Maria Cira Destro.
Queste figure di santità rivelano il vero volto bello e l’autentica identità della nostra Chiesa.
Ogni figura di santità esprime tratti personali, diverse sensibilità pastorali ed ecclesiali, vari cammini spirituali, accomunate nel pellegrinaggio dell’unico popolo di Dio verso una stessa patria, nel riconoscimento di un solo Padre, nella appartenenza all’unico corpo di Cristo e nella docilità all’unico Spirito.
La santità non è qualcosa di estraneo al desiderio profondo del nostro cuore ma è l’adempimento della perenne vocazione di ogni uomo alla felicità. La santità è la fonte della gioia.
Il vangelo che abbiamo ascoltato è sintetizzato in una parola: Beati, felici! Il Cristianesimo è religione di vita e di felicità, la santità è il coronamento d’ogni nostra aspirazione di bene.
La felicità rimane la nostra aspirazione più profonda e la nostra delusione più amara, non potendola completamente raggiungere la desidera ardentemente.
Per la nostra generazione stressata, disincantata e indifferente le beatitudini ci offrono una proposta di umanizzazione che dà senso alla nostra vita quotidiana e ci offrono prospettive di speranza verso un avvenire aperto all’eternità.
Come la terra, salvata dalla risurrezione di Cristo, è già principio del Regno di Dio, anche le promesse di Gesù nelle beatitudini trovano una prima realizzazione in questo mondo. Il loro messaggio si pone lungo il crinale del già e non ancora. Con le beatitudini Gesù ci fa comprendere che la felicità promessa da Dio comincia quaggiù ma avrà il suo compimento pieno nella celeste Gerusalemme.
Il modello di uomo e di umanità disegnato dalle beatitudini, corrisponde in primo luogo a Cristo stesso: egli è il vero povero in spirito, afflitto, mite, misericordioso, puro di cuore, operatore di pace, insultato, perseguitato. Le beatitudini sono la vita stessa di Cristo, Lui le ha vissute.
Per questo, il nostro aderire ad esse ci pone alla sua sequela.
In ogni tempo, e quindi anche nel nostro, le beatitudini tracciano da un lato il vero e proprio autoritratto di Cristo, dall’altro comunicano a noi cristiani, come a ogni persona, una serie di condizioni in cui sperimentare la felicità, come “perfetta letizia”.
Le beatitudini continuano ad esercitare un fascino perché non stabiliscono nuovi comandamenti, ma propongono la bella notizia che Dio promette la felicità piena a chi manifesta amore per il prossimo.
Esse riaccendono la nostalgia di un mondo nuovo fatto di bontà, di misericordia, di mitezza senza violenza e senza menzogna, di povertà piena di fiducia in Dio.
Le beatitudini contengono un messaggio paradossale e rivoluzionario: le persone sconfitte secondo il mondo vengono considerate da Gesù come i veri vincitori, chiamati ad edificare il Regno di Dio, come regno di santità e di grazia, di libertà e di verità, di giustizia, di amore e di pace.
Nella Esortazione Apostolica Gaudete et exultate Papa Francesco afferma che le beatitudini sono un programma di santità. Esse sono: “Poche parole, semplici, ma pratiche a tutti, perché il cristianesimo è una religione pratica: non è per pensarla, è per praticarla, per farla”. La realizzazione delle beatitudini nella vita quotidiana è un dono dello Spirito Santo che ci pervade con la sua potenza e ci libera dalla fragilità, dall’egoismo, dalla pigrizia e dall’orgoglio. La santità come via alla vera felicità per il Papa è essere poveri nel cuore, reagire con umile mitezza, saper piangere con gli altri, cercare la giustizia con fame e sete, guardare ed agire con misericordia, mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, seminare pace intorno a noi, accettare ogni giorno la via del Vangelo non ostante ci procuri problemi. Che “felice” e “beato” siano sinonimi di “santo” ci è dimostrato dalla vita di tanti discepoli di Cristo che hanno preso il Vangelo alla lettera: da Paolo a Francesco d’Assisi, da Filippo Neri a Tommaso Moro, da madre Teresa di Calcutta al beato Carlo Acutis.
I santi sono coloro che hanno vissuto lo spirito delle beatitudini evangeliche.
I santi sono beati perché poveri in spirito. Attingono la loro forza non da sé stessi, dalle proprie ricchezze e risorse di qualunque genere, ma unicamente dal Signore.
I santi sono beati perché afflitti. Sentono i problemi del Regno e li soffrono come propri, avvertono come sofferenza tutto quello che va contro il progetto di Dio.
I santi sono beati perché miti. Non ricorrono alla violenza, di nessun tipo, ma affidano fiduciosi la loro causa a Dio. Rispettano gli altri, non cercano di dominarli, di assoggettarli ai loro progetti e vantaggi.
I santi sono beati perché hanno fame e sete di giustizia. Sentono il bisogno di un di più di “giustizia” davanti a Dio cioè, di santità.
I santi sono beati perché misericordiosi. Si sanno salvati dall’amore gratuito del Padre, e si fanno strumento di questa misericordia prolungandola sugli altri.
I santi sono beati perché puri di cuore. Hanno bruciato tutti gli idoli, si danno senza riserve a Dio con un cuore puro.
I santi sono beati perché operatori di pace. Le loro azioni, parole, il loro modo di essere contribuisce a quella situazione di benedizione, di vita abbondante, positiva, di fraternità, di pace.
I santi sono beati perché perseguitati per la giustizia. Decisamente schierati per il Regno, trovano ostilità e opposizioni che non incontrerebbero se pensassero semplicemente ai propri affari. Questa persecuzione, però, è il segno che sono dalla parte di Cristo.
Chiediamo al Padre per intercessione della prossima santa Maria di Gesù Santocanale che possiamo rispondere alla vocazione alla santità secondo il nostro stato di vita per sperimentare la felicità piena e duratura nella celeste Gerusalemme» (Michele Pennisi, Amministratore Apostolico di Monreale).
Giuseppe Longo