Palermo – Da “un uomo solo al comando a “un uomo solo in piazza Politeama” il passo è breve e il candidato Miceli lo ha compiuto senza sforzi.
Di fronte alla cittadinanza assente il candidato unico del centrosinistra, alla cui spalle ci sono i partiti reduci dal malgoverno della città di Palermo, ha presentato il simbolo della lista civica, forse l’unica, che lo sostiene e, seppur nelle sue dichiarate intenzioni fosse stato esplicitato, mancavano i candidati, se si escludono i soliti noti che oggi già siedono sugli scranni della maggioranza orlandiana o che hanno un passato come assessore nella stessa compagine. Dove sono finiti i nuovi nomi, visto che gli unici di cui ci è dato di sapere non sono nuovi ma, parafrasando una vecchia pubblicità, sono “lavati con Perlana”?
Dopo alcune plateali dichiarazioni, riguardanti l’importanza delle circoscrizioni e il presunto cambiamento, il voto per il candidato Miceli si dimostra essere un voto dato al sistema, quello stesso sistema che ha trasformato Palermo in una città invivibile, sulla rotta della deculturizzazione e senza servizi fruibili sia per le cittadine e i cittadini palermitani sia per gli ospiti provenienti da ogni parte del mondo. Un contenitore vuoto, insomma, come la lista presentata da Miceli.
A dimostrazione del fallimento dei partiti notiamo anche che nel centrodestra la sostanza continua a essere una chimera lontana. Si parla di ticket ma s’intravedono solo predellini per le prossime elezioni regionali con un travaso dalla fallimentare amministrazione regionale targata Musumeci alla nascente amministrazione comunale.
«Non è ammissibile che – dichiara Rita Barbera – si continui a prendere in giro la cittadinanza palermitana con proposte vuote e con nomi che fanno parte del carosello politico-partitico che da decenni danneggia Palermo e la Sicilia. Questi candidati hanno già dimostrato la loro incapacità, che è di fronte agli occhi di tutti, e nonostante questo, dopo un leggero risciacquo in lavatrice, si presentano con la nuova permanente o la nuova cravatta».