Palermo – Mi spiace dirlo ma dal ministero della Transizione ecologica ci aspettavamo una maggiore attenzione alle richieste e agli appelli che arrivano dai territori. Soprattutto da quelli che già sono stati interessati da trivellazioni e ricerche, come ad esempio il territorio Ibleo, il Canale di Sicilia e il Val di Noto.
A noi questo Pitesai invece appare un piano inutile nell’ottica della decarbonizzazione. Riduce, sì, le aree dove è possibile estrarre gas, ma in realtà cancella dalla mappa solo quelle dove non ce n’è. Sarà quindi vietato trivellare la Val d’Aosta, il Trentino Alto Adige, la Liguria e, paradossalmente, sarà invece possibile farlo nel restante 42% del territorio nazionale e nell’11% del nostro mare, che arrivati a questo punto vengono considerati come una grande e unica area idonea per le trivelle. Addirittura ben 5 regioni, fra cui la Sicilia, vedranno incrementate le estrazioni e l’adozione del piano, fra le altre cose, sblocca dopo soli due anni di moratoria circa 50 permessi di ricerca già presentati.
Ci saremmo, inoltre, aspettati uno stop al rilascio di nuove autorizzazioni, l’indicazione di un termine ultimo per ogni attività estrattiva e di certo anche lo stralcio immediato di alcune aree che hanno una produzione residuale e che magari ricadono in zone particolarmente fragili o nelle immediate vicinanze di zone di importante pregio naturalistico. E invece niente. Ma oltre a tutto ciò non possiamo non notare che Cingolani ha inteso dare nuovamente il via libera alla ricerca tramite il metodo dell’Air-gun, ovvero l’ispezione dei fondali marini, e non solo, con lo sparo di aria compressa. Una tecnica molto pericolosa per la fauna marina.
È chiaro pertanto che il Ministero ha voluto puntare ad un aumento della produzione nazionale; addirittura si parla di raddoppio dell’estrazione di gas. Ma se questa scelta magari da un lato può sembrare una soluzione auspicabile vista l’attuale crisi che stiamo vivendo, crisi che però è solo temporanea, in realtà non ci fa percorrere la strada tanto sbandierata della cosiddetta transizione ecologica, anzi. Stiamo in realtà continuando a livello nazionale a rivolgerci agli idrocarburi invece che alle fonti alternative e sostenibili. Eppure proprio il Pitesai sarebbe dovuto essere il documento con cui l’Italia avrebbe dovuto mettere nero su bianco la strategia per il raggiungimento della “neutralità climatica al 2050”.
E, purtroppo, per dirla tutta, sarà proprio la nostra regione uno di quei territori più interessati dalle perforazioni, soprattutto nell’area del Sud-est e in varie zone del Canale di Sicilia, e questo perché si ritiene che ci siano ancora grossi giacimenti da sfruttare e svuotare. Non lamentiamoci poi dei cambiamenti climatici che stanno devastando le produzioni agricole o che creano enormi danni con inondazioni, trombe d’aria e periodi di estrema siccità. Delle due l’una: o si cambia modo di produrre energia o non ci saranno risorse sufficienti per riparare i danni all’ambiente e al clima in particolare.
Ci domandiamo, infine, se non sia arrivato il momento di un chiarimento concreto fra il Movimento 5 Stelle e il ministro Cingolani, oltre che con il resto del governo nazionale. Non è possibile rimanere in silenzio rispetto a scelte così gravi e fortemente in contraddizione con le motivazioni che ci hanno portato a riporre fiducia nel governo Draghi. La “transizione ecologica” non può e non deve diventare strumento istituzionale di subdolo greenwashing. Noi del Movimento 5 Stelle non dobbiamo lasciarci coinvolgere.