Ragusa – Gli anziani presentano il long covid con una frequenza superiore rispetto alla popolazione giovane. Emerge dal primo report sulle conseguenze a lungo termine per chi ha avuto il covid, che l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato: gli studi sono, ragionevolmente, agli inizi. Ma proprio perché è un dato di fatto che chi supera la fase acuta del covid deve comunque affrontare degli strascichi, il monitoraggio dei sintomi manifestati è di fondamentale importanza per continuare a conoscere meglio la malattia, che da oltre un anno e mezzo sta monopolizzando la nostra vita. “A distanza di così tanto tempo dall’inizio della pandemia – chiarisce il presidente di Anteas Ragusa, Rocco Schininà – un numero importante di persone colpite da covid-19 presenta manifestazioni cliniche che non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi precludendo un pieno ritorno al precedente stato di salute.
E’ chiaro che io non sono un medico. Ed è sempre consigliabile rivolgersi agli specialisti. Ma il frutto del confronto con gli esperti ci spinge a mettere in rilievo, per i nostri associati, quali sono le possibili manifestazioni del long covid”.
Queste ultime possono essere suddivise in due categorie: manifestazioni generali e manifestazioni organo-specifiche. Tra le prime vengono rilevate: fatica persistente/astenia, stanchezza eccessiva, febbre, debolezza muscolare, dolori diffusi, mialgie, artralgie, peggioramento dello stato di salute percepito, anoressia, riduzione dell’appetito, perdita di massa muscolare. Tra le seconde: problemi polmonari come dispnea, affanno e tosse persistente. Tra gli altri sintomi compaiono anche disturbi cardiovascolari, neurologici, gastrointestinali, psichiatrici. “Anche se le caratteristiche del long covid nei pazienti anziani sono in generale sovrapponibili a quelle nei pazienti più giovani – sottolinea Schininà – la presenza di alcune condizioni è però di particolare rilevanza: speciale attenzione, infatti, va dedicata all’insorgenza di disturbi neurodegenerativi, psichiatrici e di deterioramento cognitivo. Alcuni dati indicano che durante i primi 90 giorni dopo una diagnosi di covid-19, la probabilità di sviluppare demenza è aumentata e il rischio di demenza è stimato intorno al 2% tra i pazienti con più di 65 anni. Anche lo stato nutrizionale è spesso alterato nei pazienti anziani con il covid: uno stato di malnutrizione è stato osservato nel 26-45% dei pazienti Covid. Per questo chiediamo che, in presenza di pazienti anziani, possa essere svolta una valutazione multidimensionale che consenta l’inquadramento non solo di problematiche cliniche, ma anche funzionali, cognitive e nutrizionali”.